sabato 29 dicembre 2012

i segreti d'italia

Leopardi l’ha percorsa a disagio, sballottato in una carrozza, Shelley ci ha lasciato la vita, Garibaldi la salute: è l’Italia, da tempo immemorabile vituperata e ammirata, un Paese che pensiamo di conoscere ma che nasconde in ogni città, in ogni suo angolo un segreto. Compreso il più sconcertante: come mai le cose sono andate come sono andate? Come ha potuto diventare, questa penisola allungata di sbieco nel Mediterraneo tra mondi diversi, allo stesso tempo la patria dei geni e dei lazzaroni, la culla della bellezza e il pozzo del degrado?
Questo libro tenta una spiegazione in forma di racconto, accompagnandoci dalle cupe atmosfere della Palermo di Cagliostro all’elegante corte di Maria Luigia a Parma, dalla nascita del ghetto di Venezia alla eroica fiammata dell’insurrezione napoletana contro i nazisti.
Nel suo racconto dell’antropologia italiana, Augias mette a confronto due libri antitetici come Cuore di De Amicis e Il piacere di D’Annunzio, ricorda le truci storie di briganti che affascinarono Stendhal, celebra la resurrezione postbellica di Milano attraverso le glorie della Scala e del Piccolo Teatro, ma constata anche la decadenza di una classe dirigente...
Il risultato è il romanzo di una nazione, i cui protagonisti sono i luoghi, le opere, i monumenti, gli angoli oscuri del nostro Paese, le pagine della sua letteratura ma anche le storie esemplari o terribili nascoste nelle pieghe della cronaca. Perché è la memoria – della storia, dell’arte e del sangue – che fa degli italiani quello che sono, il solo strumento per illuminare i segreti coperti o dimenticati che riaffiorano puntuali a scandire il loro presente. Nel condurci in questa scoperta, Augias mescola vicende realmente accadute, ricordi personali, incontri intellettuali, suggestioni letterarie e opere d’arte di un’Italia ideale e paradossalmente più vera, perché “non basta guardarla com’è oggi l’Italia; per cercare di capire bisogna ricordare anche le molte vicende del suo passato, la dimensione immaginaria degli eventi, le sue ‘chimere’.”

Ho sempre trovato molto godibili ed interessanti i vari segreti di Parigi, Londra, New York, Roma e del Vaticano: libri pieni di storie, più o meno note, curiosità toponomastiche e dei luoghi, profili di personaggi o di momenti storici specifici. Una miniera di storie, che delineano l'atmosfera di una città.
 Pensavo che anche I segreti d'Italia si muovesse su questi binari, invece l'ho trovato un libro più "pesante". Qui ciò che resta a fine lettura, più che un arricchimento culturale, è una forte sensazione di sconforto - anche un po' di vergogna - e il dubbio se ci sia la possibilità di diventare in futuro una nazione normale, una comunità, dove il senso civico sia patrimonio di ogni cittadino, da nord a sud, e non soltanto di una parte della popolazione.

E poi mi chiedo quali saranno i "motivi personali ed editoriali" che hanno portato Augias, con suo grande rammarico (sue testuali parole), a tralasciare Torino, che viene citata soltanto en passant a proposito del libro Cuore?

giovedì 27 dicembre 2012

lady almina


Accenni e curiosità sulla vita di Almina Wombell, figlia illegittima del banchiere Alfred de Rotschild, la quale, appena diciannovenne, sposò nel 1895 a Westminster lo spiantato e indebitato conte di Carnarvon, salvando dalla rovina la sua tenuta e il bel castello di Highclere. Negli ultimi anni Highclere sta conoscendo una nuova fama in quanto location dello sceneggiato inglese "Downton Abbey". Il personaggio di Lady Cora è in parte ispirato proprio alla figura di Almina.

Dotata di grande fascino personale e di coraggio, durante la I guerra mondiale Lady Almina trasformò generosamente Highclere Castle in ospedale per i feriti. Finanziò generosamente le spedizioni in Egitto del marito e del suo socio Howard Carter, nell'ultima delle quali si scoprì la tomba di Tutankamon. Rimasta vedova, sposò quasi subito un colonnello suo amico, e morì a 93 anni, in una modesta casetta di Bristol.

Il libro non è tanto una biografia della quinta contessa di Carnavon, quanto piuttosto una rievocazione del primo ventennio del Novecento ad Highclere e in Inghilterra, con l'accento posto in particolare su alcuni personaggi e, necessariamente, sulla Grande Guerra. Non aspettatevi approfondimenti o curiosità personali, ma piuttosto una fotografia d'insieme di un'epoca.

sabato 15 dicembre 2012

alegrìa

Ieri sera sono andata a vedere "Alegrìa", il colorato e bellissimo spettacolo del Cirque du Soleil, insieme a due mie care amiche, che devo immensamente ringraziare per avermi regalato il biglietto per il mio compleanno. La compagnia del Cirque du Soleil è attiva da quasi trent'anni ed è famosissima in tutto il mondo, ma nonostante conoscessi a grandi linee le caratteristiche dei loro show (non uso di animali, teatralità e grandi abilità atletiche degli artisti), non avevo mai assistito dal vivo a uno spettacolo così bello e coinvolgente: mi è davvero piaciuto tanto. Le musiche e le canzoni sono parti integranti dello spettacolo e vengono eseguite dal vivo; i costumi sono colorati e baroccheggianti, e realizzati artigianalmente.

Lo spettacolo Alegria  ha debuttato in Canada nel 1994 e fino ad oggi è stato rappresentato nelle varie parti del mondo, prima nella versione sotto il tendone del circo, e negli ultimi anni è stato adattato per lo svolgimento nelle arene.
"Alegría è uno stato d'animo. I temi dello show, il cui nome significa 'gioia, giubilo' in spagnolo, sono molti. Il potere e la trasmissione della potenza nel tempo, l'evoluzione dalle monarchie antiche alle democrazie moderne, la vecchiaia, la giovinezza: è in questo contesto che i personaggi di Alegría giocano con la loro vita. Re, mendicanti, nobili, vecchi e bambini costituiscono il suo universo, insieme con i clown, che da soli sono in grado di resistere al passare del tempo e alle trasformazioni sociali che l'accompagnano."
Alegrìa è un'ode barocca all'energia, alla grazia e al potere della giovinezza.



I numeri acrobatici sono intervallati dalle esibizioni dei clown, fra cui ho trovato divertentissimo l'omino a cavallo che vuole saltare l'ostacolo, e poi i due personaggi che coinvolgono una persona fra le prime file del pubblico e lo fanno salire sul palco, facendolo partecipare ma al contempo sbeffeggiandolo.

Le performance circensi/atletiche sono diverse: il trapezio sincronizzato di due giovani su due altalene, il power track (un gruppo di acrobati si esibiscono in piroette e salti mortali su un tappeto ad X che sbuca dal palcoscenico), l'uomo equilibrista con le braccia, la danza del fuoco (di stile tribale), la ginnasta che si esibisce con nastro e numerosi hula-hoop, l'uomo volante (che si esibisce con un cavo elastico - forse il numero che mi ha emozionata di più: sembrava davvero volare intorno alla sua fune...), le barre russe (una sorta di travi elastiche, tenute ai lati da due uomini mentre un terzo vi volteggiava), un acrobata che si fa girare dentro un cerchio, due ragazzine contorsioniste (altro che Barbie... queste due mi facevano davvero impressione talmente riuscivano a piegare la schiena nel senso opposto a quello che usiamo tutti), e infine il numero finale degli acrobati trapezisti, sette ragazzi che dopo la loro esibizione si lasciano cadere uno dopo l'altro giù sulla rete di protezione.

giovedì 13 dicembre 2012

ci abbiamo provato

Nelle scorse settimane ho provato a partecipare a un concorso per una posizione di tipo tecnico-amministrativo all'Università. Cavoli, un lavoro molto interessante in un posto dove non facevano un concorso da ben quattro anni! Poteva essere una bella occasione.
Non sono più abituata allo studio e agli esami da un bel po' di anni (quando uno comincia a lavorare acquisisce una routine diversa rispetto agli anni universitari), e avevo poco tempo per prepararmi, almeno un minimo, comunque ho voluto provarci, anche visti i chiari di luna che passano: il mio lavoro è sempre appeso a un filo, e ogni mese ci chiediamo sempre se lo stipendio arriverà o no.

Passata una pre-selezione piena di domande di logica, di matematica e di alcune nozioni relative al programma di esame, ho svolto le due prove scritte: la prima con domande a risposta sintetica, e la seconda un elaborato teorico-progettuale (praticamente una domanda con svolgimento molto più ampio di quelle del giorno prima). A proposito della prima ero sicura di aver fatto diversi errori (ahimé), ma per la seconda ero convinta di aver svolto un compito più che dignitoso. Dato che l'accesso agli orali era consentito soltanto in caso si fosse ottenuto almeno 21/30 in entrambe le prove, avevo molti dubbi sul fatto di potercela fare, soprattutto ricordandomi degli strafalcioni scritti nel primo compito :-) comunque la speranza è sempre l'ultima a morire.
Ad ogni modo, se per caso avessi avuto qualche ottimistica speranza di una selezione "onesta" e non pilotata, ebbene è andata a farsi benedire quando ho visto l'elenco degli ammessi all'orale. Sono passate soltanto 11 persone su circa 250, con votazioni intorno al 21 e al 23! (e di queste 11 persone ben 8 erano "interne", e non avevano dunque affrontato la preselezione).
Per quanto mi riguarda pazienza... come già detto ero consapevole di non aver fatto una buona prima prova, ma è mai possibile che quasi TUTTI abbiamo fatto un compito così schifoso? O piuttosto la commissione è stata severissima e molto stretta coi voti?
Ho chiesto (e ottenuto) di sapere il mio voto nelle prove (perché sono stati affissi pubblicamente soltanto i voti di chi è passato, tutti gli altri no), ma ho potuto conoscere soltanto quello della prima prova. L'altro no, perché la commissione ha deciso di non procedere nemmeno alla correzione delle seconde prove di chi non aveva preso almeno 21/30 nella prima. Per cui mi rimarrà sempre il dubbio di quanto avrei preso nel secondo compito, che ero sicura di aver fatto dignitosamente.

venerdì 7 dicembre 2012

il rumore del silenzio

L'altra sera ero ferma (e mezza congelata) alla fermata del pulman, e per un istante in strada non sono passate macchine. Probabilmente bloccate dal semaforo rosso a monte della via. E in quel momento ho percepito nettamente il rumore del silenzio, intenso e liberatorio, freddo ed ovattato.
Abituati a vivere nelle città, non ci facciamo mai caso, esposti ventiquattr'ore su ventiquattro a suoni costanti e perenni. Ma è stato bellissimo godere di un attimo di silenzio, tanto più apprezzato proprio perché rarissimo in quel contesto.

sabato 10 novembre 2012

il mondo delle cronache

Mappa del mondo delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, di George R. R. Martin.


venerdì 9 novembre 2012

a feast for crows

Quarto libro delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R. R. Martin.
In Italia la Mondadori l'ha pubblicato dividendolo in due parti:

Il Dominio della Regina + L'Ombra della Profezia.


Cominci "A feast for crows" dopo essere passato attraverso la carneficina del librone precedente. Hai aspettative, hai dubbi, e tra le infinite cose che vuoi sapere ti chiedi soprattutto cosa ne è stato di Tyrion e cosa succede su alla Barriera. E lo zio Martin invece ti dà l'inizio più palloso che abbia mai visto in uno dei suoi libri, con un sacco di punti di vista nuovi e nuovi personaggi tirati fuori dal cappello da prestigiatore, ma soprattutto... la cosa peggiore di tutte.

Decide di riservare l'intero libro (due nello spezzatino Mondadori) ad alcuni personaggi e ad alcune linee narrative, e non considera minimamente gli altri. Invece di andare avanti temporalmente con la storia, in modo verticale, procede invece in senso orizzontale, limitandosi a certi luoghi e basta. Che cavolo di scelta! Tyrion e Daenerys sono completamente nel dimenticatoio e di loro non sappiamo nulla di nuovo (anche se sulla regina dei draghi ci sono molti "sentito dire" che girano nel continente occidentale), Jon e la Barriera fanno una brevissima apparizione all'inizio nelle parole di Sam e poi niente nemmeno loro. Gli Estranei non sono citati nemmeno di striscio.

Invece lo zio Martin ce la mena in lungo e in largo con gli uomini delle Isole di Ferro (che mi stanno cordialmente sulle palle...), con Arya che in quel di Braavos non capisco bene cosa diventerà (se non una pericolosa assassina), con nuovi principi e principesse in quel di Dorne (che sembrano avere mire piuttosto in alto), con Brienne e compagni che procedono un po' a casaccio e finiscono dalla padella nella brace (ecché diamine, adesso abbiamo anche le lady morte resuscitate che fanno le Robin Hood dei boschi? assurdo...), con Sansa abbarbicata nell'alto castello dei ghiacci (e son curiosa di vedere fin dove si spingerà Ditocorto), con Jamie che si esercita nella spada con l'ex boia (e si affranca sempre di più dalla rete della sorella), e soprattutto con i giochi politici della regina reggente Cersei ad Approdo del Re (improvviso quanto impagabile il modo in cui si mescolano le carte per lei, alla fine del volume).

Ecco, se fossi stata nei panni di Martin avrei strutturato in maniera diversa l'intreccio di questo volume e del successivo "A dance with dragons", perché non è possibile lasciare 6 anni i lettori in attesa degli altri personaggi (questo libro risale al 2005, mentre il successivo è uscito soltanto nel 2011). Io li sto leggendo di seguito, quindi la cosa non mi infastidisce più di tanto, ma ahimé sono consapevole che fra poco, appena avrò terminato "A dance with dragons" entrerò anch'io nella cerchia dei lettori che aspettano lo zio Martin - e aspettano, e aspettano...

mercoledì 24 ottobre 2012

l'abito non fa il monaco

Ohssignur, ho appena visto il restyling della copertina di "Tess dei d'Urberville" che han fatto gli Oscar Mondadori! Ricorda qualcosa, non è vero??? Vogliono forse spingere orde di annoiate signore verso la tragica storia della povera Tess? Non voglio nemmeno pensare ai prossimi classici che vestiranno con questo concept: magari "Madame Bovary", "L'amante di lady Chatterley" o "Anna Karenina"...


(Non è che poi qualcuno penserà che Thomas Hardy sia un giovanotto che ha scritto il romanzo basandosi su una sua fan fiction su, chessò, Downton Abbey et similia?)

giovedì 18 ottobre 2012

inseguendo l'amore

Che gli inglesi siano un po' strani ed eccentrici è una verità universalmente riconosciuta, e la cosa emerge, in maniera affettuosa ed ironica, anche in questo libro, scritto da Nancy Mitford nel 1945. Nonostante il titolo (quello della traduzione italiana, ma anche quello originale The pursuit of love)porti a pensare in modo riduttivo a un romanzo sentimentale, non lo è affatto. E' piuttosto un ritratto irriverente e profondo dell'aristocrazia terriera inglese negli anni Venti e Trenta del Novecento, raccontato attraverso le vicende della famiglia Radlett.

La giovanissima Fanny, figlia di genitori separati, un lord e una lady di costumi abbastanza "disinibiti", viene allevata da una zia materna e cresce trascorrendo lunghi periodi ad Alconleigh, la tenuta di campagna degli zii Ratlett, insieme a una banda di cugini. La prima metà del libro verte su questi anni giovanili, tra cacce alla volpe e debutti in società, ed è piena di umorismo tipicamente britannico, incarnato perfettamente dallo zio Matthew e dalla zia Sadie.
La seconda metà si concentra invece di più sulla storia della cugina Linda, frivola, superficiale ed appassionata, "alla ricerca dell'amore" al di fuori delle convenzioni tradizionali, sino alla seconda guerra mondiale.

Nancy Mitford nacque nel 1904 a Londra, in una famiglia della nobiltà terriera nota per l’originalità dei suoi numerosi membri. Escluse da qualsivoglia preparazione alla vita che non fosse l’obiettivo di procurarsi un marito della più alta posizione sociale possibile, le sei sorelle Mitford reagirono alle imposizioni dei genitori ciascuna a suo modo: un paio sposando in effetti duchi o capitani d’industria ma alle proprie condizioni, altre diventando, più o meno clamorosamente, filonaziste o filocomuniste - Diana sposò in seconde nozze Sir Oswald Mosley, fondatore del fascismo inglese, e Unity fu un'accesa sostenitrice del nazismo, mentre Jessica militò per la causa socialista e poi, negli Stati Uniti, per quella comunista. Le sei affascinanti sorelle divennero molto famose in Europa e America, tanto che venne loro dedicato persino un musical, oltre che molti libri.

Nancy, la maggiore delle sorelle, che aveva talento letterario e umorismo per condirlo, dopo aver gestito una libreria a Londra durante la seconda guerra mondiale si trasferì dal 1946 a Parigi, dove trovò un ambiente a lei più congeniale di quello inglese e incontrò il grande amore della sua vita. E' ricordata soprattutto per la sua serie di romanzi sulla vita della upper-class in Inghilterra e in Francia, ma scrisse anche quattro biografie storiche (su Luigi XIV, Madame de Pompadour, Voltaire e Federico il Grande). Morì nel 1973 in Francia.

martedì 16 ottobre 2012

capolavori di degas

Degas. Capolavori dal Musée d'Orsay
Torino, Palazzina Promotrice delle Belle Arti, parco del Valentino
(18 ottobre 2012 - 27 gennaio 2013
)

Si apre fra due giorni la più importante mostra che l’Italia abbia dedicato a Edgar Degas negli ultimi decenni, curata da Xavier Rey, conservatore presso il Musée d’Orsay e grande specialista di Degas.
Si possono ammirare in esposizione circa ottanta opere, tra dipinti, disegni e sculture, che documentano, in una straordinaria rassegna, l’attività dell’autore, e rappresentano un corpus di eccezionale valore storico e artistico.


Edgar Degas, celebre pittore francese, tra i protagonisti della stagione artistica impressionista della seconda metà dell'Ottocento, di cui ha condiviso l'aspirazione a una pittura più libera e aderente al vero, partecipando a quasi tutte le esposizioni del gruppo, ha assunto tuttavia una posizione del tutto autonoma all'interno del movimento, affrontando differenti temi e padroneggiando le più svariate tecniche di realizzazione.
Degas ha attribuito sin dall'inizio grande importanza al disegno, rivelando nel tempo uno straordinario talento: preferisce fare rapidi schizzi dal vero, che poi riporta su tela o carta in studio con un’attenta costruzione della composizione definitiva.
In mostra si potranno ammirare tutti i temi della sua copiosa produzione: l'ambiente familiare; l'esperienza italiana; il mondo parigino degli artisti, della musica e dei caffé; il paesaggio; i cavalli e le corse; le celeberrime ballerine; il nudo. Due straordinari ritratti aprono la mostra: l'Autoritratto del giovane artista (1855) e quello del nonno Hilaire de Gas (1857), che si era trasferito in Italia e da cui il nipote soggiorna per tre anni all'inizio della sua attività. All'esperienza italiana di quegli anni si collega anche l'eccezionale presenza in mostra di Ritratto di famiglia (La Famiglia Bellelli, 1858- 1869), opera che solo in rarissime occasioni ha lasciato il museo parigino, anche per le sue considerevoli dimensioni (2 x 2,5 metri). Si tratta di uno dei capolavori più conosciuti e apprezzati dell'intera opera di Degas, che con fine indagine psicologica indaga i rapporti di questa famiglia italiana.

Ci restituiscono invece il mondo della Parigi di fine Ottocento con i suoi caffè frequentati da artisti, letterati, musicisti altre opere straordinarie come L'orchestra dell'Opéra (1870), Lorenzo Pagans e Auguste de Gas (1871-1872), Jeantaud, Linet, Lainé (1871), Donne fuori da un caffé la sera (1877), cui seguono capolavori a soggetto femminile come Ritratto di donna con vaso di porcellana (1872), La pédicure (1873), Giovane donna che si annoda il nastro del cappello (1882).
Anche il tema del paesaggio, tra i meno conosciuti in Degas, trova un suo spazio nella mostra. Qui l'artista porta a un livello di virtuosismo l'uso del pastello, stendendo il colore e lavandolo, creando così uno sfondo compatto e soffuso. Seguono i soggetti più popolari dell'opera di Degas: i cavalli, cui Degas comincia ad appassionarsi dal ritorno a Parigi nel 1859, frequentando a lungo l'ippodromo diLongchamp. In mostra troviamo il celeberrimo quadro Il Defilé (Cavalli da corsa davanti alle tribune, 1866-1868) e un altro magnifico olio Corsa di gentlemen.

Si continua con le celeberrime ballerine, opere che costituiscono una delle cifre stilistiche di Degas, presenti in mostra in tutte le tecniche utilizzate dal maestro – olio, pastello, gouache – e in diverse inquadrature di scena o di prova, tra cui spiccano autentici capolavori come Prove di balletto in scena (1874), Fin d'arabesque (Ballerina con bouquet) (1877), Arlecchino e Colombina (1886-1890).
In queste opere, Degas appare sempre più impegnato nell'intento di rendere l'energia e vitalità delle sue figure.  Accanto a queste opere, anche una raccolta di splendide sculture in bronzo di ballerine, tra cui la celeberrima Piccola danzatrice di quattordici anni (fusione eseguita tra il 1921-1931), alta circa un metro e abbigliata con un tessuto di tulle. Degas comincia a modellare cera e creta attorno al 1865; via via che si aggravano i suoi problemi alla vista – sarà alla fine quasi cieco – la scultura diviene il genere più amato, soprattutto di piccolo formato e con i soggetti più amati, ballerine e donne viste nei momenti di intimità quotidiana.
E infine il nudo femminile – figure di donne riprese nell'atto di lavarsi, di pettinarsi, dopo il bagno –, che vede la presenza in mostra di Donna alla toilette che si asciuga il piede (1886), uno dei più importanti pastelli dedicati da Degas a questo tema. Completano la mostra alcune altre piccole sculture in bronzo, figurine femminili dinamiche anch'esse riprese nell'intimità quotidiana.


venerdì 12 ottobre 2012

il sistema non può reggere

C'era una volta una ditta piccina, che lavorava da molto tempo come fornitrice per un'azienda/consorzio pubblico ben più grande, la quale a sua volta operava per gli enti della pubblica amministrazione della propria Regione. I nanetti della ditta piccina, pur essendo dipendenti a tempo indeterminato per la ditta piccina, lavoravano per l'azienda/consorzio ed erano collocati fisicamente (e in modo costante e continuativo) presso uno degli enti della P.A. (venendo definiti, anche un po' spregevolmente, come "consulenti", e facendosi le loro belle quaranta ore settimanali in un'ambiente in cui tutti gli altri ne facevano, contrattualmente, un sacco di meno). Purtroppo l'azienda/consorzio pubblico era anche l'unico cliente dell'azienda piccina.
Successe che da diversi mesi l'azienda/consorzio non riceveva più i pagamenti da parte della Regione e del Comune capoluogo, o comunque li riceveva solo in parte. Questo finì per generare forti squilibri finanziari nei pagamenti anche verso le aziende sue fornitrici, come la ditta piccina. Ad esempio ad agosto 2012 venne saldata la fattura di novembre dell'anno precedente. Tempi di pagamento allucinanti, e l'azienda piccina si trovò al punto di attendere il pagamento del dicembre 2011, e di non vederlo più giungere...

Un bel giorno il capo dell'azienda piccina spiegò ai suoi nanetti che non aveva più soldi per gli stipendi (del mese precedente) che avrebbe dovuto pagare loro, perché l'azienda/consorzio pubblico si era di nuovo fermata coi pagamenti. I soldi bastavano a malapena per versare i contributi e la banca cattiva ormai si rifiutava di scontare le fatture dell'azienda/consorzio, considerandole come "carta straccia". Il capo si ripromise di andare a bussare alla porta di altri istituti di credito, ma anch'egli era fortemente sfiduciato. Certo che se ne nemmeno una fattura nei confronti di un consorzio pubblico veniva considerata solvibile, la situazione era davvero brutta.

Sarebbe bello pensare che questa sia soltanto una favola, ma purtroppo è la realtà, da ieri la mia realtà. La situazione è davvero kafkiana: 11 mesi di fatture a credito, e non entra in cassa neanche un centesimo, e nessuno può risolvere la situazione. Ma si può? Il governo cosa fa invece di costringere per davvero la P.A. a ridurre i tempi di pagamento nei confronti delle imprese? Già 3-4 mesi sarebbero tanti, troppi. Qui noi siamo a quasi un anno di ritardo....
Da ieri mi sono già depressa a sufficienza e non so davvero più cosa pensare.

giovedì 4 ottobre 2012

on the sidewalk

Qualche volta succede. Che cammini per la strada e ti imbatti in un tizio bello da fare paura. Cioè, cerco di spiegarmi meglio: non un tizio figo come un modello, uno bello e impossibile, ma uno che solo a guardarlo in viso ti fa agitare tutto lo stomaco, uno che è stra-bello "secondo te".
Ecco, ne ho appena incrociato uno così un quarto d'ora fa in pausa pranzo, sul marciapiede di via Arcivescovado. Non altissimo di statura, più o meno come me, vestito con un completo blu e con telefonino all'orecchio. Non è che di solito io mi giri per guardare i tizi che passano, ma stavolta l'ho fatto, eccome se l'ho fatto, anche per sbirciare dove stava andando...

mercoledì 3 ottobre 2012

roma 40 d.c.

Adele Vieri Castellano, Roma 40 d.C. Destino d'amore
Di questo libro ho apprezzato molto la vividezza dell'ambientazione e la precisione della ricostruzione storica. Davvero coinvolgenti ed appassionanti. Mentre leggevo - soprattutto all'inizio - mi sembrava di avere per le mani un mix fra i libri divulgativi di Alberto Angela dedicati all'antica Roma e una puntata di Spartacus.

Per quanto riguarda la storia d'amore, invece, mi è piaciuta un po' di meno: la testardaggine di Livia, lo status di quasi super-uomo di Marco Rufo e i continui tira e molla mi hanno lasciata abbastanza distaccata.

Han finito per intrigarmi di più le storie delle altre coppie comprimarie, rispetto a quella principale - soprattutto spero in un seguito dedicato a Giulia e Aquilano ('sto batavo biondo mi ha stuzzicata non poco).
Come si dice? De gustibus non est disputandum.

Comunque un bel libro, e tanto di cappello all'autrice (soprattutto considerando che questo è il suo libro d'esordio). Brava!

martedì 2 ottobre 2012

shame on ikea

L'Ikea ha pubblicato una versione un po' particolare del proprio catalogo in Arabia Saudita: in pratica ha ritoccato tutte le fotografie togliendo le donne! Non avrei mai pensato che un'azienda svedese arrivasse a tanto, piegandosi così palesemente a una restrizione così oscurantista. Lo stesso comportamento da parte di un'azienda locale mi avrebbe fatto pensare per l'ennesima volta a quanto siano retrogradi e ingiusti, ma proveniendo da Ikea mi ha lasciato davvero basita... La Svezia non è forse la culla delle politiche a favore dell'eguaglianza fra i sessi? E l'Ikea non è sempre apparsa come una multinazionale attenta alle tematiche ambientali e di solidarietà?

Io sono sempre stata una fan di Ikea e dei suoi prodotti, e lo sono tuttora, ma questa notizia non può fare a meno di destare in me un pungente fastidio, e l'inizio di una considerazione diversa nei confronti dell'azienda.


sabato 29 settembre 2012

delusion in death

La scena che una sera si presenta davanti agli occhi del tenente Eve Dallas e della sua squadra è più scioccante di qualsiasi altra abbiano mai visto. Un tranquillo bar di New York è pieno di cadaveri: impiegati che durante l'ora dell'aperitivo si sono ammazzati in maniera sanguinolenta l'un l'altro, con qualsiasi arma a loro disposizione, apparentemente in un attacco di cieca rabbia. E pochissimo tempo dopo, un episodio simile succede durante la pausa pranzo in un ristorante della stessa zona, sempre pieno di impiegati.
Durante le indagini, Eve e Roarke (proprietario del bar, fra l'altro) collegano questa strage a una serie di vecchi attentati risalenti a oltre trent'anni prima, e a un arsenale chimico usato a quell'epoca. Ma può darsi che stavolta, invece di terrorismo, si tratti di vendette personali...

Non mi ricordo più, così al volo, se questo libro è il 35° oppure il 36° della serie "In Death", e già questo la dice lunga. Sino ad ora i vari titoli non mi hanno mai annoiata, e ad essere sinceri non l'ha fatto nemmeno questo... però la sua lettura è andata molto a rilento, ci ho impiegato un paio di settimane a finirlo, non avevo la smania di girare le pagine come ti prende in certi casi, quando un libro ti rapisce davvero. Non ci sono grandi colpi di scena. Ordinaria amministrazione, tutto ormai largamente prevedibile. E anche la scoperta del "cattivo" non mi è piaciuta, perché in pratica già a metà libro Eve sa chi è il colpevole e lo dice chiaramente, non viene lasciato nessun spazio al lettore per indovinare o scoprirlo.

Cara J.D.Robb/Nora Roberts, so che tu sei capace di fare miracoli con le parole scritte, sei un piccolo (e prolifico) genietto della penna (o della tastiera). Per favore, fai succedere qualcosa di nuovo a questi personaggi, falli crescere e andare avanti - io ad esempio mi sarei anche un po' stufata di questi incubi ricorrenti di Eve, 'che sembrano risolti e invece risaltano fuori improvvisamente.

lunedì 3 settembre 2012

impero

Seguito ideale di "Una giornata nell'antica Roma". Anche stavolta si riesce benissimo ad immaginarsi Alberto Angela mentre ci sta "raccontando" ciò che ha scritto, come in uno dei suoi documentari.

L'espediente narrativo scelto per trattare i vari aspetti della vita romana in età imperiale, all'epoca di Traiano, nel momento di massima espansione dell'impero stesso, è quello di seguire i vari passaggi di una moneta, per l'esattezza un sesterzio.
Questo sesterzio viene seguito dal momento in cui viene forgiato (con l'effigie stessa dell'imperatore su un verso, e con la commemorazione di una delle sue conquiste militari sull'altro), passando di mano in mano sino a quando termina il suo "primo" giro in una sepoltura, e ancora nuovamente quando, oltre 1800 anni dopo, viene ritrovato dagli archeologi e "rimesso in gioco" (se vogliamo usare questo termine).
In questo modo il nostro Alberto Angela spazia attraverso le varie province dell'Impero, da quelle più barbariche del centro-nord Europa, sino a quelle mediorientali, e giungendo addirittura in India, terra con cui si intrattenevano rapporti commerciali.

Lungo la strada scopriamo vari aspetti del costume, della tecnologia, della società e delle usanze romane, e ci rendiamo spesso conto - spinti anche dalle continue sottolineature al riguardo dell'autore - di quanto la civiltà imperiale romana fosse davvero molto simile alla nostra attuale. In realtà questo è anche un po' preoccupante come pensiero, perché se Roma nel 476 è caduta probabilmente non è stata solo colpa dei barbari... non nascondo che durante la lettura ho pensato spesso che magari anche la nostra società (dati tutti questi parallelismi) prima o poi conoscerà lo stesso destino...

giovedì 16 agosto 2012

a storm of swords

Terzo libro delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R. R. Martin.
In Italia la Mondadori l'ha pubblicato dividendolo in tre parti:
Tempesta di Spade + I Fiumi della Guerra + Il Portale delle Tenebre.

Il mio commento si riferisce alle tre parti complessive: che senso avrebbe parlarne in maniera separata, quando si origine di tratta di un libro unico?

Fate molta attenzione se siete invitati a un matrimonio, in quel di Westeros, e anche se vi trovate ad essere lo sposo. Forse è meglio che vi procuriate una scusa.

Questo libro è una carneficina. Ma era da un sacco che una serie non mi coinvolgeva ed avvinceva così tanto.
Nel percorso che va dall'inizio alla fine di questo terzo tomo Martin scava ulteriormente negli scenari già visti, e allarga come al solito la platea dei personaggi. Anche perché qui ne fa fuori e ne mutila un buon numero, e non gente di poco conto bensì molte carte di quelle pesanti, in modo talvolta inaspettato. Se non volete spoiler non proseguite... Robb e Vento Grigio (noooo!), Joffrey (era ora piccolo stronzetto: finalmente!), Balon Greyjoy, Tywin Lannister, Holster Tully, Ygritte (breve lacrimuccia), il Mastino (forse morirà, molto probabilmente, ma non si capisce: chissà?), il cugino Cleos Frey, il comandante Mormont e buona parte dei Confratelli - prima sul Pugno dei Primi Uomini (e questo me l'aspettavo), e poi all'accampamento di Craster (e qui invece non me lo aspettavo, porca paletta), Lysa Arryn (è dal primo libro che speravo che qualcuno la facesse tacere), la vipera di Dorne (peccato, pensavo fosse un personaggio che avrebbe potuto rivelare sviluppi interessanti). Tutti passati a miglior vita, mentre Jaime Lannister e Catelyn Stark non se la passano troppo bene, mutilati nel corpo, e direi anche nell'anima.

Rispetto ai libri precedenti, è aumentata moltissimo la mia stima nei confronti di Jaime (quanto mi piace ora!), mentre è caduta alquanto la mia simpatia per Arya - ho trovato piuttosto barbose alcune parti dei suoi POV - e non mi fa impazzire il fatto che stia diventando un'assassina apparentemente implacabile e senza rimorso.

Credo di aver cominciato a capire solo ora il senso della denominazione della serie "Cronache del ghiaccio e del fuoco": la battaglia finale sarà probabilmente quella fra gli Estranei di ghiaccio e la fazione del fuoco, che mi immagino sarà capeggiata dal dio di Melisandre ma forse ancor di più dai draghi di Daenerys (sempre se prima o poi si deciderà di schiodarsi dalle terre lontane d'oriente e si appropinquerà a Westeros). E Stannis per ora sembra essere l'unico re che ha capito che il vero nemico si trova a nord oltre la Barriera (nonché uno degli unici re rimasti... anche perché Tommen è un bambino, e della casa Greyjoy in questo libro non si è visto molto).
I personaggi di Jon e Tyrion mi piacciono sempre molto, e ho apprezzato molto anche Brienne (soprattutto nel suo rapportarsi con Jaime). Adesso mi prendo una pausa di decompressione dedicandomi a letture diverse, e tra brevissimo riprendo col quarto tomone.

martedì 14 agosto 2012

sfumature inspiegabili di marketing editoriale

Dopo quasi due mesi in cui avevo consapevolmente evitato di cominciare a leggere Cinquanta sfumature di grigio di E L James
1) perché troppo strombazzato dal marketing (e quindi in genere mi tengo alla larga dai titoli spinti "artificiosamente"),
2) perché il "presunto" argomento S&D non è proprio nelle mie corde,
3) e perché stavo leggendo George R. Martin, ben più coinvolgente,
alla fine ho ceduto e ho cominciato a leggerlo... anche perché, valutando diversi commenti, sembra che alla fin fine di questo "presunto" argomento su queste pagine se ne parli tanto, ma poi in realtà ce ne sia poco.
La curiosità ha finito per avere la meglio e mi son decisa a a leggerlo pure io per potermi fare un'idea mia, personale (e capire se mi stavo perdendo un capolavoro, oppure se è la solita ehm.. come dire... fuffa).

Estrapolando questo libro da tutto il cancan mediatico che vi è stato fatto intorno, arriverei a dargli anche un giudizio più che discreto. Non è così malvagio, e alcune parti sono anche divertenti: ho proprio riso leggendole :-) (sarà grave, per un libro che si propone come "erotico"??)
Se invece tengo conto di tutta la promozione che gli è stata fatta, spacciandolo come uno scandaloso libro hard, ebbene, il mio voto scende, perché, siòre e siòri, alla fin fine questo libro non è poi molto diverso da un romanzo rosa facilmente reperibile in edicola (per chi non fosse pratico del genere, spiego che i romanzi rosa - romances - comprendono al loro interno numerosi sottogeneri, più o meno spinti, con ambientazioni storiche, contemporanee, fantasy, paranormal, anche con ingredienti thriller/gialli etc etc... insomma ce n'è per tutti i gusti).
Nello specifico le Cinquanta sfumature partono nelle prime 80-90 pagine in modo stra-evidente come uno young adult (ormai anche i sassi sanno che le Sfumature nascono come fan-fiction di Twilight) e poi rientrano (ovviamente) nella categoria hot del genere, ma non direi che sia un libro così forte, anzi mi è parso che le tematiche S&D siano semplicemente accennate un po' "all'acqua di rose" (e meno male, per quanto mi riguarda, poiché in passato ho mollato un libro tipo "La bella addormentata" di Anne Rice al secondo capitolo, tanto era disgustoso e squallido - non faceva proprio per me!). Le Cinquanta sfumature le ho invece incasellate subito come una "classica" storia d'amore, seppure particolare, dove si capisce lontano un miglio dove andrà a parare la storia - anche se credo che sia alquanto esagerato dilungare la frittata per tre libri.

Quello che però io continuo a non spiegarmi è come mai il marketing abbia spinto TANTISSIMO questa trilogia, quando invece ci sono in circolazione molti romances più belli, intriganti, commoventi, sensuali, profondi, intensi, etc... che continuano a essere relegati in edizioni da edicola, e soprattutto a essere considerati letteratura di serie B (mentre invece i tre libri delle Sfumature sono diventati la lettura "in" dell'estate, mah)...

sabato 28 luglio 2012

i giochi sono aperti

La cerimonia d'apertura dei XXX Giochi Olimpici, costata 27 milioni di sterline - "Isole della meraviglia" - si apre con il countdown della campana più grande d'Europa. Lo stadio olimpico prende la forma della bucolica campagna inglese, con la verde collina sacra del tor, che più tardi nella serata ospiterà le bandiere dei vari paesi partecipanti. Quindi si passa alla rivoluzione industriale, con Kenneth Branagh nei panni di ingegnere vittoriano, che legge un brano da "La tempesta", con le musiche degli Underworld, per ricordare il ruolo del paese nella trasformazione epocale del XIX secolo.

E poi i minuti più sorprendenti di tutta la cerimonia: la regina Elisabetta in persona. A scortarla, con un trucco cinematografico, Daniel Craig nei panni di 007: in un filmato l'agente accompagna la (vera) regina su un elicottero, fino al lancio in paracadute di due (ovviamente) controfigure. Ed ecco giungere la (vera) regina in tribuna, col principe Filippo, ascoltare God save the Queen cantata da bambini in pigiama. Poi, con la stessa J.K.Rowling a leggere un brano, i protagonisti diventano i personaggi della letteratura inglese per l'infanzia, da Peter Pan a Harry Potter, mentre viene esaltato il ruolo dell'NHS, il servizio sanitario nazionale, nel secondo dopoguerra. Poi esibizione della London Symphony Orchestra (Chariots of fire di Vangelis) con l'intermezzo scherzoso di Mr.Bean. Chiusura, prima della lunga sfilata delle delegazioni nazionali degli atleti, con la fiction ambientata ai tempi moderni.









(foto: LaStampa.it e Repubblica.it)

mercoledì 25 luglio 2012

bretagna al burro

Nei vari bed&breakfast bretoni in cui sono stata durante la vacanza di inizio luglio, a colazione ho potuto spesso gustare i dolci tipici del posto, a volte fatti dalla proprietaria del b&b. Flan breton (con le prugne), gateau breton o kouignamann: dolci diversi con leggere variazioni fra loro, ma dove il burro la fa da padrone. Ovunque. Innegabilmente.

Mi chiedo quali siano i livelli di intasamento delle arterie dei francesi :-) Credetemi, non esagero: nelle innumerevoli biscotterie presenti nelle strade, era sufficiente passare davanti alla soglia aperta per essere investiti da un effluvio olfattivo burroso, sufficiente a farti salire il colesterolo sia quello buono sia quello cattivo. E lo dico nonostante, da piemontese, non sia del tutto estranea all'utilizzo del burro in cucina ;) ma i francesi vanno davvero oltre.

E se per caso doveste passare per Pont-Aven, sappiate che praticamente in ogni biscotteria ci sono assaggi gratis dei vari tipi di biscotti e dei loro gusti :-) (e le biscotterie sono ben numerose, nonostante il paesello non sia molto grande - ma è stato il posto che mi ha maggiormente stupito per la quantità di degustazioni gratuite, altrove non erano poi così diffuse...)

In un b&b nei pressi di Locronan abbiamo chiesto alla signora se ci poteva scrivere la ricetta della buona (e massiccia) torta che stavamo mangiando per colazione in quel momento. Traduco quanto ci ha scritto.


Ricetta del Gateau Breton
350 gr. di farina
250 gr. di zucchero
250 gr. di burro
6 uova
lievito 3/4 del sacchetto (la signora ha specificato levure alsacienne, ma dovrebbe trattarsi del lievito normale)

Disporre la farina a fontana, aggiungervi al centro lo zucchero e poi i tuorli dell'uovo. Mescolare con la punta delle dita i tuorli e lo zucchero, incorporandovi il burro (che non sia troppo duro), e poi aggiungervi la farina, fino a che sia assorbita completamente. Mettere il tutto in una teglia, dorare e punzecchiare la pasta con una forchetta. Cuocere in forno abbastanza caldo (175°) per circa tre quarti d'ora.

In quanto al burro, la signora non l'ha specificato sulla ricetta, ma ho il forte dubbio che si tratti del burro demi-salé, che in Bretagna si trova dappertutto. Non ho ancora fatto caso se in Italia sia facilmente reperibile, ma ho qualche dubbio... ed è probabile che in mancanza di questo ingrediente "fondamentale" il gusto risulti diverso.

martedì 24 luglio 2012

le uova dello zar

Fabergé alla Venaria
Reggia di Venaria Reale, Torino
(27 luglio - 9 novembre 2012)


L'estate alla Reggia s'illumina con i bagliori dei gioielli del celebre orafo Carl Fabergé e di altri rari monili dell’epoca imperiale russa.
Ogni anno, nel giorno di Pasqua, seguendo la tradizione ortodossa, lo Zar regalava alla Zarina e all’Imperatrice madre un "Uovo" unico e prezioso. All’interno era contenuta una lussuosa sorpresa, simbolica, celebrativa di avvenimenti particolari legati alla storia del regno e della famiglia imperiale. A realizzarli con i materiali più preziosi il grande gioielliere russo, Carl Fabergé, detto "il Cellini del Nord", che creò così uno dei miti di ricchezza e sfarzo della Russia imperiale. Era lo stesso Fabergé a presentare a corte il prezioso Uovo a cui lavorava per tutto l’anno per stupire lo Zar con l’originalità delle composizioni e la maestria delle creazioni.
La tradizione prese avvio dal 1885, quando Alessandro III regalò l’Uovo con Gallina all’imperatrice Maria Feodorovna e venne proseguita da Nicola II che dal 1894 fino al 1917 commissionò ogni anno due Uova, una per la moglie, la Zarina Alessandra Feodorovna, e l’altra per l’Imperatrice madre. L’Uovo più spettacolare venne realizzato nel 1896, nell’anno della solenne Incoronazione di Nicola II come “Zar di tutte le Russie”. Per l’occasione la sorpresa dell’Uovo, realizzato in smalto giallo e decorato con aquile bicefale, fu il modello della carrozza dei sovrani (in oro, platino, smalto rosso, diamanti, rubini e cristallo di rocca) sovrastata dalla corona imperiale.

In esposizione si possono ammirare quattordici esemplari unici delle famose Uova pasquali di Fabergé, eccellenza di una produzione artistica che raggiunse l’apice nel passaggio tra Otto e Novecento: costituiscono la più importante collezione al mondo di questo genere.
Tra queste, si trovano ben nove Uova-gioiello imperiali, ormai entrate nel mito, realizzate in oro, pietre preziose e materiali pregiati, oltre alla romantica sorpresa a forma di cuore dell’Uovo del 1897.

La mostra è dedicata appunto alle opere di alta oreficeria realizzate dal celebre Carl Fabergé, conosciuto anche come Karl Gustavovič Faberže (1846-1920), Maestro gioielliere della corte imperiale dei Romanov. Sono esposti anche 350 preziosissimi capolavori prodotti dalla fabbrica orafa di San Pietroburgo, oggi appartenenti alla collezione della Link of Times Foundation di Mosca. Le opere svelano con la loro bellezza i segreti dei maestri orafi della Maison Fabergé nella lavorazione dei metalli e pietre preziose, oro, argento, cristallo di rocca, diamanti e perle, e soprattutto degli smalti trattati con procedimenti particolari tali da conferire sfumature di colori meravigliosi e cangianti.
La mostra illustra il vasto repertorio di oggetti decorativi e accessori di rappresentanza prodotti dalla bottega orafa: dalle cornici per le sacre icone agli orologi, dai set da scrivania alle scatole da sigarette, alle fibbie, borsette e gioielli per signora.

L’evento espositivo della Venaria è anche l’occasione per rievocare i rapporti tra la corte dei Romanov e la corte dei Savoia, dalla visita dei nipoti di Caterina la Grande, i cosiddetti "Conti del Nord" che nell’aprile del 1782 frequentarono proprio la Reggia di Venaria durante il loro famoso Gran Tour, fino al soggiorno dell’ultimo Zar Nicola II in Piemonte, nell’aprile del 1910, quando venne ricevuto al Castello di Racconigi dalla corte e dai rappresentanti del Governo italiano. Sono presentati, attraverso immagini fotografiche e apparati scenografici, i protagonisti del tempo e l’immenso territorio della grande madre Russia.