domenica 9 marzo 2014

la bella e la bestia

Nuova trasposizione cinematografica della celebre favola, un adattamento francese in formato kolossal.
Regia di Christophe Gans, con  Lea Seydoux nei panni di Belle e Vincent Cassel in quelli della bestia.
Sinceramente non ne consiglio la visione a un pubblico di bambini, perché se si aspettano una copia del cartone Disney con personaggi in carne e ossa resteranno delusi. Questa versione francese è decisamente più cupa e più gotica, e riprende alcuni aspetti della favola originale settecentesca di Madame Leprince De Beaumont. E' un film per adulti.

La trama del film resta fedele alla fiaba, il copione non si discosta tanto dalla storia originale.
Dopo il naufragio della sua nave, un ricco mercante cade in rovina ed è costretto a ritirarsi in campagna con i suoi sei figli. Ma la sfortuna non lo abbandona, poiché viene condannato a morte da un potente e orribile signore, la Bestia, per il furto di una rosa. Belle decide di prendere il posto di suo padre e sacrificarsi. Ma la Bestia non condanna la giovane a morte, ma ad una strana vita nel suo castello un tempo splendente, ma ormai in rovina. Belle arriverà a liberare la Bestia dalla sua maledizione.


La fotografia, i costumi e gli effetti speciali sono molto belli; rappresentano la parte meglio riuscita del film, che visivamente è davvero affascinante. Purtroppo la trama e  alcuni momenti della sceneggiatura potevano essere costruiti molto meglio; soprattutto il rapporto fra la Bella e la Bestia resta - almeno questa è la mia sensazione - alquanto superficiale e non viene gradualmente approfondito, ma viene fatto "precipitare" improvvisamente alla fine, senza che in precedenza ci sia stato nessun avvicinamento speciale.

Non si capisce se la Bestia desideri Belle perché gli ricorda il suo amore passato e si senta davvero attratto da lei, oppure per qualche motivo legato alla sua maledizione. E anche per quanto riguarda lei, nonostante i sogni tramite cui prende coscienza del passato della Bestia, non si capisce bene quando si innamori di lui: perché, come, quando? Si passa dal "mi ripugni" al "ti amo" senza momenti di transizione, mah...


Mi è piaciuto l'espediente usato dal film, che inizia la storia con una mamma che racconta una fiaba ai suoi due bambini prima di andare a dormire. Alla fine del film la fiaba resta tale, chiusa fra le pagine di un libro, e la donna che va incontro al marito (nella romantica e toccante scena finale) potrebbe essere Belle oppure potrebbe sembrare una semplice donna normale che leggendo si è immedesimata nei panni della protagonista prestandole il volto.
Ammetto che però l'interpretazione che ha prevalso, nella mia testa, è stata quella che fosse Belle stessa, qualche anno dopo il termine della favola, con la Bestia/Principe di nuovo un semplice uomo, colto in un momento di lavoro fra le aiuole del giardino. E che quest'interpretazione sia quella corretta lo conferma la presenza, nelle scene finali, di una muta di beagle festanti (presumibilmente gli stessi che erano rimasti anch'essi vittima della maledizione), ma soprattutto il breve soffermarsi di un'inquadratura su un candelabro, costruito con la bambola di stoffa regalata a Belle da queste creaturine quando si trovava nel castello della Bestia.
E vissero tutti felici e contenti.

(E Vincent Cassel, bestia o principe, è sempre uno fra gli uomini che trovo più affascinanti...)
La Bella e la Bestia non cattura i sensi
Il regista Gans indeciso se parlare a grandi o piccini
di Alessandra Levantesi Kezich (fonte: La Stampa)

Se ne fa addirittura risalire l’origine ad Amore e Psiche di Apuleio, in ogni caso la fiaba La bella e la bestia circola in Europa da secoli: narrata davanti al fuoco, poi trascritta da Straparola e da Perrault prima che nel 1754 la dama Jeanne–Marie Leprince de Beaumont le desse la forma in cui è più nota. La giovane Bella chiede al padre di portarle da un viaggio il regalo di una rosa, questi la coglie nel giardino di un castello abitato dalla Bestia, creatura mostruosa che per punirlo del furto gli impone di scegliere: la morte o la figlia.
Più volte a questa storia hanno attinto teatranti e cineasti, ciascuno variando qui e là come ha fatto ora il regista Christophe Gans con un film male accolto a Berlino: dove sono fioccati paragoni in negativo sia rispetto all’esercizio allegorico/letterario firmato da Cocteau nel 1946, sia rispetto al delizioso cartone animato Disney. Una reazione eccessiva, come capita nei festival, e tuttavia in parte giustificata.
Siamo infatti di fronte a un fantasy sontuoso, girato a costi assai elevati per gli standard europei (circa 35 milioni di euro), che non è chiaro a chi sia destinato: si direbbe agli adulti, ma allora era necessario un affondo più deciso. In chiave di lettura simbolica, La bella e la Bestia si può interpretare in diversi modi: come un’affermazione della supremazia dello spirito sulla materia; o meglio, come un percorso di crescita femminile dove il rapporto con il maschio - all’inizio ritenuto «bestiale» in quanto sostitutivo del rapporto «puro» con il padre - trasforma una fanciulla in donna. Avendo a disposizione due attori dotati di fascino quale il tenebroso Vincent Cassel e la luminosa Léa Seydoux, Gans avrebbe dovuto puntare maggiormente sui fattori gioco di attrazione e risveglio dei sensi, piuttosto che infarcire la vicenda di personaggi di scarso interesse e di effetti speciali a uso del pubblico dei ragazzini.
Così del film si apprezzano gli scenari di ispirazione romantico-germanica e certi momenti suggestivi, per esempio l’inseguimento fra la Bestia e Bella su un lago ghiacciato; ha giusto risalto la figura paterna affidata ad André Dussolier; è condivisibile la trovata dei flashback per mostrare più del volto di Cassel senza il trucco peloso; e a noi non dispiace neppure la cornice intimista del finale «e vissero felici e contenti». Ma resta aperta la domanda: con le parole magiche «C’era una volta», Gant intendeva rivolgersi ai grandi o ai piccini?

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