martedì 3 marzo 2015

il canto del deserto

Adele Vieri Castellano, Il canto del deserto
Leggereditore

Luxor, 1871. Lady Sylvia Dunmore, vedova dopo un disastroso matrimonio, giunge in Egitto con il padre. Per lei è un sogno che si avvera, finalmente potrà vedere con i suoi occhi i luoghi mitici che conosce solo attraverso le lettere di suo fratello Adam, che da anni collabora nelle sue spedizioni archeologiche con Lord Brokenwood, l'amore negato della sua adolescenza, divenuto cieco a causa di un terribile incidente.
Presto, la bellezza di Sylvia, così eterea da ricordare quella della regina Nefertiti, viene notata da Zayd Ambath, il figlio del rais. Ma lei ha altro per la testa: sta per partire per una spedizione nel deserto unica e irrinunciabile alla ricerca di quello che rimane del mitico esercito di Cambise.
Solo non si aspetta che quel mare di sabbia nasconda una pericolosa minaccia, che può mettere a rischio la sua stessa vita. Toccherà a Lord Brokenwood accorrere in suo soccorso, ma l’uomo avrà bisogno di tutto il suo coraggio, e della forza dell’amore, per salvare Sylvia dalle spire del deserto.

Un voto basso. Ma non perché il libro se lo meriti oggettivamente, bensì solo per un mio giudizio soggettivo, perché non l'ho trovato per niente nelle mie corde. Appena due mesi fa, della stessa autrice avevo letto "Il gioco dell'inganno", ambientato nella Venezia napoleonica, che mi aveva intrigata e coinvolta pienamente. Anche i due libri precedenti di ambientazione romana mi erano piaciuti molto, per quanto forse più in senso complessivo, per le atmosfere e per le vivide ricostruzioni storiche, che non per le vicende sentimentali dei personaggi.

A me non piace l'ambientazione nel deserto, con tuareg e sceicchi vari. Non mi è mai piaciuta e sono stata piuttosto combattuta, quando il libro è uscito, se comprarlo oppure no, sapendo che in effetti era ambientato in Egitto.
Ma poi - leggendo commenti positivi di altri lettori/lettrici - ho pensato che anche qui la maestria (innegabile) della Castellano avrebbe compiuto il miracolo, mi avrebbe piacevolmente "stordita" e avrebbe finito per farmi apprezzare il romanzo. Purtroppo non è andata così: il libro è molto lento (anche se questo non è da considerarsi un difetto in assoluto, ma ricalca le atmosfere e le indolenze mediorientali) e ci ho impiegato due settimane per leggerlo. I personaggi di entrambe le coppie non mi hanno destato alcuna scintilla di simpatia (sforzandomi, riesco forse a salvare Sylvia e Nicholas, ma il fratello e la pittrice mi sono stati cordialmente indifferenti e per nulla coinvolgenti).
Onestamente non posso dire che si tratti di un libro brutto, perché non è così in senso assoluto, però non è un libro adatto a me. Non mi è piaciuto granché.

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