mercoledì 26 maggio 2010

lover mine

Sapevo che la Ward avrebbe ripetuto il miracolo, e che anche stavolta mi avrebbe fatta appassionare alla relazione fra Xhex e John: due personaggi che mi avevano lasciata abbastanza tiepidina sino a Lover mine. Oddio, in realtà prendendoli come personaggi a sé stanti Xhex mi aveva sempre intrigata molto - mi chiedevo cosa ci fosse di così traumatico nel suo passato (e tra parentesi continuo a domandarmelo tuttora, anche alla fine di Lover mine!), mentre John Matthew non mi aveva mai attratta granché, lo vedevo sempre troppo come "ragazzino". Il problema era quando questi due venivano a contatto e si scornavano l'un l'altra, lasciandosi feriti e sofferenti a vicenda. Questo sino alla fine del libro numero sette.
Invece con l'ottavo della serie, Lover mine per l'appunto, la coppia Xhex-John non sembra neanche più composta dagli stessi personaggi visti sino a questo punto, tanto lei appare mooolto più morbida e disponibile a compromessi per amore, e lui molto più uomo forte, comprensivo e maturo (e meno male direi!).

Alla fine la storia legata al passato di Xhex (e di sua madre), che si interseca con quello di Tohr e Darius mi è piaciuta molto - è stata la trama che mi ha commossa di più - e ha dato una giustificazione all'idea di predestinazione della relazione Xhex-John. Mi ha fatto piacere vedere che anche Tohr pian piano sta venendo fuori dal suo difficile periodo - anche se a questo punto mi chiedo (visto che la Ward ha dichiarato che uno dei prossimi ultimi 2 libri sarà dedicato a lui) quale sarà la sua futura shellan - spero non la madre di Xhex! - se dovessi scommettere punterei su Layla, chissà? E comunque mi chiedo perché, in mezzo a infiniti fantasmi, redivivi & co., la povera Wellsie sia stata condannata a non potersi ricongiungere col suo hellren affranto. Boh? Misteri e perversioni della mente della Ward...

Parlando di personaggi che "ritornano", mi chiedo quale ruolo avrà Muhrder nei prossimi libri. Gli è stato dedicato molto spazio in questo libro, anche se sino alla fine non era molto chiaro che si trattasse di lui - tanto che ci si poteva chiedere dove voleva portare il filo narrativo di questa troupe nel sud degli States. Mi domando se la Ward lo farà diventare il compagno di Payne, oppure se quest'ultima verrà piazzata con Manny (il dottore... me l'ero quasi dimenticato da Lover Unbound, ma se è stato citato a fine libro possiamo star sicuri che avrà un ruolo in futuro).
La storia fra Blay e Qhuinn si sta facendo sempre più intrigante. Secondo me è evidente che la Ward li farà finire insieme, anche se probabilmente farà penare ancora un po' il povero Qhuinn, alle prese con i suoi sogni di una compagna "standard".
In definitiva Lover mine mi è piaciuto molto, anche se forse leggermente meno del precedente...

martedì 25 maggio 2010

lacrime e sangue

Non voglio sollevare nessuna grande questione economica. Però mi piacerebbe davvero tanto capire com'è che qualche tempo fa andava tutto mooolto bene, tanto da avere addirittura un "tesoretto" da parte, poi qualche altro tempo fa - un po' più di recente - i nostri Grandi Capi dicevano che il nostro paese era virtuoso e non correva nessun rischio... e invece adesso c'è una manovra da 24 miliardi per evitare di fare la fine della Grecia.
Scusate ma non mi è chiaro. O ci hanno raccontato delle balle prima, o ce le stanno raccontando adesso. Oppure, cosa ben più probabile, ce le raccontano di continuo. E noi continuiamo ad essere gli ultimi anelli della catena alimentare, e a dover subire sempre e comunque.
Sempre finché il sistema regge. E io non sono molto sicura che lo farà ancora per molto...

giovedì 20 maggio 2010

coesistenze urbane

Meglio non dirlo a voce troppo alta, ma sembra che sia finalmente arrivato il sole - preludio alla bella stagione - e un po' di caldo.
E in questi primi giorni di caldo torna di nuovo alla ribalta una delle ragioni che, se avessi una valida alternativa, sarebbe sufficiente a dissuadermi dal prendere i mezzi pubblici per spostarmi. Molta gente non si lava... e puzza! Sono quelli che, se li incroci sul marciapiede, lasciano dietro di sé un olezzo terrificante di ascelle, che sembra non disperdersi più (più invasivo delle micropolveri!)... e così come te li trovi per la strada, poi te li ritrovi sul pulman o sulla metro, piazzati lì di fianco a te, con le mefitiche parti anatomiche in funzione. Guardate, se non volete proprio lavarvi e vi piace fare gli alternativi, provate almeno a comprarvi un bel Lycia Persona e poi usatelo!!
Ahimé è molto dura la vita dell'utente dei mezzi pubblici. Oltre agli emuli di Luigi XIV, ci sono poi quelli che adorano tenere il volume del loro iPod in modo che anche all'estremità opposta della carrozza sappiano della loro passione per l'heavy metal o per i gorgheggi del Mario Merola di turno, oppure quelli che - quando piove - arrivano e scuotono il loro ombrellone incuranti dei vicini, o ancora quelli che passano tutto il tragitto a parlare ad alta voce al telefonino degli affaracci loro.

mercoledì 19 maggio 2010

la signora del regency

Ironia, intrigo, avventura vecchio stampo, e impeccabili ricostruzioni d'ambiente

L'inglese Georgette Heyer è stata la prima, e tutt'oggi insuperata, autrice di rosa di ambientazione storica - inventrice del cosiddetto “Regency Romance” - ed è famosissima nei paesi anglosassoni.
Scomparsa nel 1974 a 71 anni, è stata più volte assimilata a Jane Austen o a Charles Dickens per la precisione maniacale nella ricostruzione di ambienti, atmosfere e gergo del XIX secolo inglese: alla sua morte, la sua biblioteca comprendeva migliaia di volumi di storia e centinaia di taccuini di appunti, una manciata delle centinaia di recensioni che la riguardavano e un’unica lettera tra le migliaia ricevute dagli ammiratori, quella di una donna sopravvissuta alla prigionia politica in Romania rileggendo un suo romanzo.

Ancora oggi, il mondo si divide anche tra chi ha letto, e riletto, tutti i cinquanta e più titoli della Heyer, 44 romance e 13 polizieschi, e chi non l’ha mai nemmeno sentita nominare. Negli anni Cinquanta e Sessanta, l’uscita di un suo nuovo titolo era un evento editoriale; negli anni Settanta tutti i suoi romanzi erano già stati tradotti in dieci lingue e piratati in altrettante; nei Paesi anglosassoni il suo è un nome da cruciverba e tra i suoi affezionati lettori - tanto per fare qualche esempio - compaiono Anthonia Byatt e Anthony Burgess, tanto per citarne un paio, tutti entusiasti di farne pubbliche lodi senza timore di perdere la faccia letteraria.

Amori contrastati e matrimoni di convenienza, balli in maschera e duelli, scandali e rapimenti, intrighi e scambi di persona narrati nei romanzi della Heyer hanno avuto in Italia un editore storico, Mondadori, che negli anni Settanta ne pubblicò negli Oscar quasi tutti i titoli, superando il mezzo milione di copie vendute. Poi scomparvero dalle librerie, e dalle edicole, per fare la gioia dei bouquinistes e dei siti internet dedicati all’usato librario. Fino a quando Sperling&Kupfer ne ha recuperato i diritti e ha ripubblicato alcuni titoli, negli anni fra il 2003 e il 2008.

Nata nel 1902 a Wimbledon, Londra, la Heyer condusse un’esistenza in parte singolare. La proverbiale privacy inglese fu per lei regola monastica: non apparve mai in pubblico, non concesse mai interviste e rispondeva alle lettere degli ammiratori solo quando riguardavano questioni di ambientazione storica. Scrisse il suo primo romanzo, La falena nera, a soli diciassette anni, per intrattenere il fratello minore convalescente. Incoraggiata dal padre, insegnante del King's College, a pubblicare, ebbe un successo immediato, tanto che presto scelse uno pseudonimo, Stella Martin, per tenersi lontano dai fastidi della fama. Tornerà a firmarsi Heyer dopo il matrimonio, avvenuto nel 1925 con un ingegnere minerario, Ronald Rougier.
Per tre anni fu l’unica donna bianca nel raggio di parecchie miglia in remote regioni del Tanganica e rischiò di morire sulla sedia di un dentista in Macedonia. Avventure cui si sottopose per seguire il marito e che mai utilizzò per le trame dei suoi libri. Mentre rivendicò, attraverso protagoniste attive, piene di humour, a volte manifestamente più intelligenti di “lui” (a volte, particolare del tutto de-genere, persino alte quanto “lui”), la possibilità di una superiorità femminile anche economica, sperimentata in prima persona: in un’epoca in cui le donne si sposavano per sbarcare il lunario e la Woolf rivendicava la stanza per sé, Georgette Heyer tenne a bada il vorace fisco inglese con i generosi anticipi del suo editore americano, salvò il marito per ben due volte dal fallimento con prime edizioni e ristampe e lo mantenne agli studi fino al 1959, anno in cui divenne avvocato. Lui ricambiò qualche anno più tardi, fornendole, in diretta dalle corti, validi spunti per i casi del sovrintendente Hannasyde e l’ispettore Hemingway, protagonisti delle crime stories della Heyer.

La peculiarità della produzione letteraria della Heyer è anche nella scelta del periodo in cui ha ambientato i suoi romance, la Reggenza, che prese il nome dal “Regency Bill” con cui nel gennaio del 1811 il Parlamento inglese nominava Giorgio, principe di Galles, primogenito di Giorgio III, reggente del regno. Aristocratici, e borghesi, vennero dominati dalla frivolezza come rito, da celebrarsi negli ippodromi, nei parchi, a Brighton o a Carlton House. Gran sacerdote, il dandy, squisito cerimoniere della religione del nulla: «Il protagonista dei romanzi di Georgette Heyer - diceva un saggio dedicato all'autrice - è affetto da un definitivo languore. Quintessenziale nella sua rarefatta eleganza, abominabilmente annoiato anche quando decide a caso di mostrarsi amabile, dedica alla toilette più tempo di qualsiasi donna... Decisamente, non è un macho. Non è il maschio alpha, partner aggressivo, nerboruto e sciovinista dei “rosa di serie”». Roba da far leccare i baffi persino a Bridget Jones.
(fonte: Il giornale)

Hanno scritto di lei...

Lo humor brillante, il sapiente uso del linguaggio, i personaggi complessi, spesso stravaganti, la straordinaria accuratezza storica e la "britannicità" dei suoi romanzi rendono Georgette Heyer un'autrice di tutto rispetto.
New York Times

Mai la società, il sapore e il linguaggio del periodo della Reggenza inglese sono stati ritratti con la precisione e la raffinatezza di cui Georgette Heyer dà prova nei suoi romanzi.
Philadelphia Bulletin

Umorismo, fascino, dialoghi brillanti e personaggi irresistibili... i romanzi di Georgette Heyer sono secondi solo a quelli di Jane Austen
Publishers Weekley

Aprire un libro di GH significa lasciarsi trasportare in un mondo di romanticismo, di avventura e di passione che, secondo la miglior tradizione britannica, si intuisce appena sotto una superficie liscia e scintillante
Internet Booklist

Georgette Heyer sa trasportare il lettore in un mondo in cui passione e formalismo si scontrano con esiti divertenti e ricchi di humor.
New York Times

mercoledì 12 maggio 2010

salone del libro

Torino, 13-17 maggio 2010
Si apre domani al Lingotto la 23° edizione del Salone internazionale del Libro. "Salone", non più "fiera": ritorna la denominazione originaria - che è poi quella con cui io ho continuato a chiamare questo evento nel corso degli anni, fregandomene altamente che nel frattempo l'avessero ridenominata fiera :-)
Si ritorna quindi alle origini. E anche il tema portante sembra in linea con questa tendenza, in quanto quest'anno si parla della memoria svelata. Il paese ospite è invece l'India.
Ho già preso ferie venerdi, in modo da poter dedicare l'intera giornata a passeggiare fra gli stand dei libri, spulciare centinaia di volumi e assistere ad alcuni incontri con gli autori. Scelta in parte obbligata, perché nel weekend ho altri impegni, e in parte fatta esplicitamente, per evitare il carnaio del sabato e la fila infinita al mattino per fare il biglietto alle casse (negli ultimi anni non c'è stato scampo, pur arrivando mezzora prima dell'apertura). Vediamo se quest'anno andrà meglio... anche se ho paura che in compenso ci saranno mandrie di scolaresche!( (Si capisce che non mi piace molto la folla, eh?)
Venerdì c'è anche Dario Fo, e mi piacerebbe riuscire a recuperare il biglietto per vederlo (speruma!) - per gli incontri degli autori più famosi, e per cui si prevede grande affluenza di pubblico, bisogna infatti fare un'ulteriore coda (dentro il Lingotto) per ritirare una sorta di pass...

martedì 11 maggio 2010

scottish miscellany

- Gli immancabili doppi rubinetti, uno per l'acqua calda e uno per l'acqua fredda, distantissimi fra loro...
- Gli orari impossibili delle cucine nei pub/ristoranti
- I semafori dove il giallo ti avverte, oltre che del verde che sta per diventare rosso, anche del rosso che sta per diventare verde
- I copriteiera imbottiti e colorati
- La conservatory: praticamente una stanza vetrata in più, che si prolunga nel giardino
- La full Scottish Breakfast (e così ci toglievamo il problema di far pranzo...)
- Il porridge a colazione (bleah..!)
- Le mucche delle Highlands, rossiccie e capellone
- Il tempo mutevolissimo!
- I pulman a due piani, dove il biglietto si paga all'autista
- Le abat-jour dove l'interruttore è attaccato alla lampadina rovente
- Le squisite marmellate di ginger e rhubarb
- L'haggis
- Lo short-bread
- I charity shops che vendono articoli usati
- Gli infiniti castelli, palazzi e ruderi vari...
- Le storie di fantasmi
- Il tartan
- La tragica vita di Mary Stuart
- Il caos e il colore delle strade di Edinburgo invasa dagli artisti di strada
- Tutti i posti dove si ritiene che Bonnie Prince Charlie debba aver dormito!
- La pioggerellina costante
- Il verde dell'erba, dei prati, dei boschi, in migliaia di sfumature
...e tanto altro ancora...

venerdì 7 maggio 2010

vita nel settecento


La significatività di una vita non è un fatto esteriore, ma un dato segreto, spirituale e profondo su cui non abbiamo il diritto di giudicare. Attraverso le lettere inedite di Faustina Doria al marito, Carlo Francesco Valperga di Masino, marchese di Caluso, ripercorriamo una vita breve ma intensissima, scenari incantati di cui si sono perse le tracce, un grande amore che non conosce tempo.

Questo libriccino si è affacciato dallo scaffale di storia locale della biblioteca, e - grazie al sottotitolo "Nove anni di vita di una nobildonna del '700 piemontese" - si è fatto prendere in prestito. Pensavo di trovarvi un epistolario che raccontasse di feste e di nobiltà, con i toni avventuroso-romantici ai quali siamo abituati pensando a quell'epoca, grazie alle distorsioni generateci dai libri e dai film in costume: un mix fra la storia "vera" e le atmosfera alla Elisa di Rivombrosa. In realtà - partendo da queste aspettative - sono stata un po' delusa, primo perché le lettere non sono riportate fedelmente, ma l'autrice opera una parafrasi e una riscrittura completa in terza persona; secondo perché le giornate di Faustina ne escono riempite in larga parte da futili occupazioni, dal comportarsi da perfetta padrona di casa nei confronti di ospiti più o meno illustri - utili per la carriera del marito, da gravidanze pesanti e difficili, dalla scrittura quotidiana di lettere alla madre; terzo perché le ultime pagine passano bruscamente dalle lettere del 1750 al 1754 - anno in cui la marchesa muore di parto, giovanissima (non aveva ancora ventisette anni) - senza spiegare nulla del periodo intermedio...

Insomma la realtà "dura" di una donna del Settecento, che aveva però almeno la fortuna di essere istruita, ricca e nobile... Chissà quanto doveva essere ancor peggiore la situazione di una donna del popolo, di cui non avremo mai la possibilità di rintracciare qualche testimonianza.

martedì 4 maggio 2010

domenica 2 maggio 2010

un detective tra le righe

Mi sono imbattuta in un telefilm molto molto carino, non di quelli che ti piacciono soltanto, ma che ti danno proprio assuefazione, come non mi succedeva da un po’ di tempo. Mi ha talmente "presa" che mi sono sparata l’intera prima stagione in tre serate consecutive – e la cosa è stata fattibile dal momento che era composta da soli 10 episodi...
Il telefilm in questione è Castle, detective tra le righe, prodotto dalla ABC: negli States è quasi giunto alla fine della seconda stagione. In Italia la 2a stagione è in corso di trasmissione sul canale satellitare Fox Life, mentre in chiaro (su RaiDue) è finita da poco la prima stagione (ma io me l’ero inconsapevolmente persa).
La vicenda ruota intorno a Richard Castle (interpretato da Nathan Fillion), famoso scrittore di libri gialli, il quale si trova ad affrontare una mini crisi creativa dopo aver scelto di far morire il protagonista della sua serie di romanzi: Derrick Storm. Castle è reduce da un paio di divorzi, vive con una figlia quindicenne che sembra più matura di lui, e con una madre ex-attrice di Broadway, stravagante e sempre alla ricerca di nuovi passatempi - e di uomini di una certa età.

Nel primo episodio Castle viene chiamato dal Dipartimento di Polizia di New York, per aiutare la detective Kate Beckett (Stana Katic) a risolvere un caso di omicidi che ricalcano fedelmente quelli descritti nei suoi romanzi. In seguito a questa esperienza, Castle decide di usare Beckett come "musa" ispiratrice per la protagonista di una sua nuova serie poliziesca e, grazie ai suoi legami di amicizia in alto loco, riesce ad ottenere il permesso di seguire i casi di Beckett come consulente.
Castle è un playboy un po’ bambinone e pieno di sè, ma si rivela anche un padre amorevole, con un animo nobile e con un’ottima attenzione ai dettagli quando si tratta di analizzare la scena del crimine. Kate Beckett invece è la classica poliziotta dura e pura – con tragedia familiare alle spalle - determinata a risolvere brillantemente i casi e irritata dai modi arroganti di Castle, di cui però è una fan fedele – da molti anni - e sotto sotto ne è persino un po’ intrigata. Castle e la Beckett sviluppano subito un’intesa burrascosa e particolare: lui non fa mistero di essere interessato e ci prova spudoratamente, lei respinge con sarcasmo, ma non riesce del tutto a nascondere di essere affascinata. E’ una dinamica vecchia come il cucco, ma tra questi due personaggi riesce molto bene, e fra loro le battute si sprecano... Come compagni di lavoro, Castle e Beckett sembrano essere perfettamente complementari. Ma se la loro relazione si spingerà mai oltre il livello professionale, bè... per ora questo resta un punto interrogativo... :-)
Ogni puntata si apre con una ripresa della scena del delitto, sottolineata da colori molto accesi e colonna sonora d’impatto. Castle accompagna sempre la Beckett e i suoi due collaboratori (Esposito e Ryan) nei sopralluoghi, assiste agli interrogatori e partecipa allo svolgimento delle indagini... e spesso – tramite le sue conoscenze altolocate – riesce ad ottenere scorciatoie che gli consentono di arrivare prima a dei risultati. Una fra le scene più comiche che ora mi vengono in mente è – nel sesto episodio – quando Castle si fa arrivare un giubbotto antiproiettile personalizzato, con la scritta "Writer", mentre tutti gli altri hanno la classica scritta "Police"...
L’attore che interpreta Castle non è un bellone nell'accezione classica del termine, nel senso che non ha una bellezza sfacciata e prepotente alla Brad Pitt, però è davvero carismatico, espressivo, affascinante e sornione... molto bravo nella parte. Le sue espressioni facciali sono veramente impagabili. E' ironico e divertente.

(Da brava fan della serie di libri "In death" - scritta da J.D. Robb - non ho poi potuto fare a meno di notare che la detective Kate Beckett ricalca moltissimo il personaggio del tenente Eve Dallas: aspetto fisico, carattere, passato difficile con esperienza traumatica. Un altro plus per questo telefilm... Anche se Castle non è comunque Roarke XD)


Un romanzo che arriva davvero in libreria
“Heat Wave” è il romanzo firmato dallo scrittore Richard Castle, cioè dal personaggio della serie tv.
E’ il romanzo che Castle sta scrivendo nel corso degli episodi della serie tv, quello per cui si ispira alla figura di Beckett. Nella realtà, il libro è giunto sugli scaffali delle librerie americane e si è immediatamente posizionato ai primi posti della classifica del New York Times, rimanendovi per 14 settimane. E’ stato tradotto in italiano dalla Fazi Editore, e disponibile anche da noi.

In Heat Wave Nikki Heat, una brillante e bella poliziotta della squadra omicidi di New York, si trova a indagare su una sconcertante serie di omicidi nel mondo della finanza. La vera sfida, però, sarà dover sopportare la collaborazione con il giornalista premio Pulitzer Jameson Rook. Nel frattempo, la città è messa a ferro e fuoco da un'anomala ondata di caldo, che rende le cose sempre più difficili...
Nikki Heat è esplicitamente ispirata alla detective della omicidi Kate Beckett, mentre Jameson Rook è l’alter-ego di Rick Castle stesso.

Un romanzo (fintamente) scritto dal personaggio di un telefilm si colloca su un piano di fantasia decisamente singolare. Una sorta di meta-libro che ci permette di crearci l’idea che Castle e Beckett siano davvero personaggi reali, oppure di cullarci per alcune ore nell’illusione di vivere in un episodio del telefilm. Questo libro non sarà sicuramente un’opera di alta letteratura, e probabilmente non dirà molto a chi non ha visto il telefilm, ma i fan della serie non possono assolutamente farselo scappare. La finzione permea l’intero volumetto: sulla quarta di copertina troviamo il faccione di Castle (come nelle classiche edizioni hard-cover americane), e i ringraziamenti finali sono davvero scritti come se Castle fosse un personaggio veramente esistente, e li stesse dedicando alla figlia Alexis e alla madre, ma anche al suoi “buoni amici” Rob e Andrew (produttore e autore “reali” della serie) e ai vari amici Nathan, Stana, Jon, Seamus, Sally, Molly, Ruben e Tamala (ovvero i nomi dei vari attori protagonisti, quelli “reali”). Spassoso!