Dicono che una delle città più piovose del mondo sia Bergen,
in Norvegia, e non ho motivo di dubitarne. Ci sono stata tre giorni e
ha piovuto in continuazione: per tutto il tempo non ho mai abbandonato
la giacchetta impermeabile e l'ombrello. Addirittura buona parte delle
cartoline ironizzano su questa peculiarità, quindi dev'essere un dato di
fatto incontrovertibile. Pare che la media annua di giornate piovose
sia 285!
Ma per fortuna Bergen è famosa anche per altri aspetti, fra cui uno è il caratteristico mercato del pesce, il Fisketorget,
che si tiene nelle vicinanze del porto. Lo spazio del mercato non è
molto ampio, ma le bancarelle sono alquanto pittoresche: i tendoni che
le sovrastano sono rossi e contribuiscono a diffondere una tonalità
rossa su tutto l'ambiente sottostante, sottolineata ancor di più dai
colori dei pesci esposti sui banconi.
Ci sono moltissime varietà
di pesci, principalmente salmoni e gamberetti (che in buona parte
finiscono dentro a panini da asporto fatti direttamente sul momento), ma
anche carne di balena, granchi, aringhe, e tanti altri a me
sconosciuti. La Norvegia era l'unico paese al mondo (insieme al
Giappone) ad esercitare ancora la caccia alla balena, quando ci sono
stata, per cui qui la vendita della sua carne era consentita. La carne
di balena ha un colore molto scuro, e un amico l'aveva comprata per
assaggiarla. Io invece mi ero fatta prendere dagli scrupoli e non
l'avevo fatto.
Le persone dietro ai banchi del Torget
indossano tutte delle maxi salopette di gomma da pescatori, con degli
alti stivaloni. E' un po' una babele, poiché parlano moltissime lingue
diverse. Si tratta infatti principalmente di studenti (molti stranieri),
che lavorano al mercato durante l'estate, per pagarsi gli studi.
Sulle
bancarelle comunque non si trovano esclusivamente pesci, ma anche
frutti, bacche, fiori oppure maglioni tipici, quelli belli spessi
ricamati di lana. Giusto per non farsi mancare nulla, dato che il
mercato è frequentatissimo dai turisti.
giovedì 18 dicembre 2014
lunedì 8 dicembre 2014
the king
Per quanto mi riguarda, non ha più la verve dei primi titoli della serie. Troppo dispersivo, troppa carne al fuoco, troppo spazio a personaggi che mi interessano poco (le Ombre), e poco a quelli di cui vorrei leggere di più (Layla e Xcor, e inoltre personaggi appena accennati in passato come Murhder e Luchas - la Ward se li è persi nel dimenticatoio?).
Si vede che la Ward, quando decide di prediligere particolarmente un personaggio, gli prepara minuziosamente il campo già diversi libri prima di quello che a lui espressamente dedicato. E' successo con John, poi l'ho notato tantissimo con la coppia Qhuinn e Blay, e adesso con le Ombre. Peccato che in ciascuno di questi casi l'eccessivo spazio che dedica loro mi sfinisce: insomma, già si tratta di personaggi che non sono MAI quelli che a me interessano, e il troppo mi stufa.
Ma poi... le Ombre? Quando la Ward ha introdotto questi fratelli (all'epoca in cui lavoravano nel club di Rehvenge) li aveva ammantati di un'aura mitica di pericolo, in quanto appartenenti a una razza particolare, diversa dai vampiri, etc etc, insomma c'erano grandi aspettative... e adesso invece uno fa il cuoco nel tempo libero, e l'altro il puttaniere seriale per sfuggire allo spleen esistenziale: ma dai!
E Selena: ho letto tutti i libri precedenti ma mi sfugge davvero dove fosse fatta menzione di una malattia mortale fra le Elette, da dove l'ha tirata fuori la Ward?
In quanto alla storia di Beth e Wrath devo dire che la parte che mi è piaciuta di più è stata quella con i flashback relativa ai genitori di Wrath (e se anche la Ward l'avesse ampliata un pochetto non mi sarei lamentata). Ho trovato abbastanza ridicola (e confezionata su misura) la gestione del needing di Beth e della sua gravidanza inconsapevole - anche alla luce del fatto che abbiamo Layla incinta da quanto? due libri?, mentre Beth scopre di essere incinta e dà alla luce il figlio nel giro di pochi capitoli.
La storia fra Sola e Assail ha continuato a piacermi (non da impazzire, ma visto il resto...), com'era stato nel libro precedente.
In definitiva, ho letto il libro, ma senza alcuna fretta né entusiasmo, tant'è che è la prima volta che non mi sono fiondata sull'edizione inglese appena uscita, ma con tutta calma ho letto l'edizione italiana oltre sei mesi più tardi, senza nessuna ansia. Il desiderio di proseguire con la serie mi era già scemato moltissimo con "Lover at last", e con questo titolo non è certo riaumentato.
Si vede che la Ward, quando decide di prediligere particolarmente un personaggio, gli prepara minuziosamente il campo già diversi libri prima di quello che a lui espressamente dedicato. E' successo con John, poi l'ho notato tantissimo con la coppia Qhuinn e Blay, e adesso con le Ombre. Peccato che in ciascuno di questi casi l'eccessivo spazio che dedica loro mi sfinisce: insomma, già si tratta di personaggi che non sono MAI quelli che a me interessano, e il troppo mi stufa.
Ma poi... le Ombre? Quando la Ward ha introdotto questi fratelli (all'epoca in cui lavoravano nel club di Rehvenge) li aveva ammantati di un'aura mitica di pericolo, in quanto appartenenti a una razza particolare, diversa dai vampiri, etc etc, insomma c'erano grandi aspettative... e adesso invece uno fa il cuoco nel tempo libero, e l'altro il puttaniere seriale per sfuggire allo spleen esistenziale: ma dai!
E Selena: ho letto tutti i libri precedenti ma mi sfugge davvero dove fosse fatta menzione di una malattia mortale fra le Elette, da dove l'ha tirata fuori la Ward?
In quanto alla storia di Beth e Wrath devo dire che la parte che mi è piaciuta di più è stata quella con i flashback relativa ai genitori di Wrath (e se anche la Ward l'avesse ampliata un pochetto non mi sarei lamentata). Ho trovato abbastanza ridicola (e confezionata su misura) la gestione del needing di Beth e della sua gravidanza inconsapevole - anche alla luce del fatto che abbiamo Layla incinta da quanto? due libri?, mentre Beth scopre di essere incinta e dà alla luce il figlio nel giro di pochi capitoli.
La storia fra Sola e Assail ha continuato a piacermi (non da impazzire, ma visto il resto...), com'era stato nel libro precedente.
In definitiva, ho letto il libro, ma senza alcuna fretta né entusiasmo, tant'è che è la prima volta che non mi sono fiondata sull'edizione inglese appena uscita, ma con tutta calma ho letto l'edizione italiana oltre sei mesi più tardi, senza nessuna ansia. Il desiderio di proseguire con la serie mi era già scemato moltissimo con "Lover at last", e con questo titolo non è certo riaumentato.
Etichette:
libri
Iscriviti a:
Post (Atom)