giovedì 25 febbraio 2016

il manneken pis


Di solito i simboli delle grandi capitali sono grandi monumenti, come la Tour Eiffel per Parigi e il Colosseo per Roma, ma nel caso di Bruxelles l'icona della città è rappresentata da una piccola statua.
Il Manneken Pis è una statuina in bronzo raffigurante un bambino che fa la pipì, collocata all'angolo fra due vie nel centro della città.


Non è ben chiaro come mai questa statua sia diventata il simbolo di Bruxelles, ma pare che i suoi abitanti la amino tantissimo.
Addirittura dal XVIII secolo (eh sì, perché la statuina attuale risale almeno al principio del 1600) hanno creato per il bimbetto desnudo i più svariati costumi (sono oltre 800), che ogni tanto gli vengono fatti indossare, in occasione di determinate ricorrenze, e che vengono esposti nel museo di storia cittadina.


Per i turisti è un must andare a vederlo, e fotografarlo, ma ci si accorge presto che questo bimbetto è davvero un prezzemolino.
A Bruxelles lo si trova in ogni dove, declinato in ogni forma possibile ed immaginabile di souvenir kitsch, cartoline, magliette, portachiavi, fantoccio all'entrata dei negozi e dei locali, sui manifesti pubblicitari e così via.


Fra i souvenir mi ricordo gli infiniti cavatappi a soggetto, e dato che sono una signora non mi dilungherò nello spiegarvi dove era collocata la vite per cavare il tappo...

Insomma, io non so voi, ma per quanto mi riguarda, superate le 24 ore di esposizione a questo tipo di souvenir io avevo finito per sviluppare quasi una sorta di insofferenza, perché questo bimbetto pisciarolo ti perseguita veramente dappertutto!


Eppure gli abitanti di Bruxelles devono pensarla diversamente perché esistono, sempre in zona centro, altre due statuine - molto più recenti - raffiguranti una bambina acciucciata per fare pipì, e un cagnolino che fa la pipì per strada.
Le predilezioni dei belgi danno da pensare :-)


mercoledì 24 febbraio 2016

una giornata petalosa

Quest'oggi i social italiani sono stati letteralmente invasi dalla petalosità di una nuova parola. Quando ho acceso il computer verso le 8:30 ho casualmente notato che un'amica aveva messo il "mi piace" su Facebook a un post fotografico, che commentava un quadro e faceva uso di questa parola. L'ho notato, ma non ci ho fatto caso più di tanto. Ma quando dopo mezzora sono incappata in un altro post, di tutt'altra tipologia, e stavolta corredato da fotografie della lettera, ho capito che non ce ne saremmo più liberati, almeno per un po'. E sono stata al gioco.

La storia è presto raccontata, così come ce l'hanno proposta. Qualche settimana fa, un alunno di una scuola elementare in provincia di Ferrara, durante un compito ha scritto di un fiore che era "petaloso". La maestra gliel'ha giustamente indicato come errore, perché la parola non esiste, ma gli ha detto che comunque si trattava di un "errore bello", e ha suggerito al bambino di inviare la segnalazione all'Accademia della Crusca.

Pare che il bambino l'abbia fatto, e che l'Accademia gli abbia risposto, evidenziando come la parola sia in potenziale ben formata, ma che, affinché possa essere inserita in un dizionario, debba entrare in circolo ed essere usata dalle persone.

La storia è arrivata a un pubblico più ampio e oggi - apriti cielo! - credo che "petaloso" sia stata la parola più utilizzata sui social, postatissima su Facebook nonché su Twitter, dove già in mattinata l'hashtag corrispondente era già fra i più ricorrenti in Italia. Istituzioni ed enti fra i più insospettabili l'hanno usata.

E anche l'Accademia della Crusca ha monitorato l'hashtag, perlomeno su Twitter. Mi sono scompisciata dal ridere nel vedere il reply che hanno fatto al tweet della Ladurée chiedendo una cassa di macarons.
L'ironia oggi non gli è mancata.


Non sono mancate le voci di dissenso, o di chi era infastidito da tutto 'sto baillamme social.
Io l'ho trovata una cosa simpatica. La storia, per quanto sia vera oppure inventata, mi è parsa dolce e carina. Senza dubbio trovo più pregnante una parola nata in questa maniera, rispetto a tante inventate da giornalisti che decidono di usarle nei loro articoli (e che soltanto per il fatto di essere messe nero su bianco in quelle sedi vengono considerate degne di entrare in un vocabolario).

lunedì 22 febbraio 2016

suffragette

Suffragette (2015)
Regia: Sarah Gavron
con Carey Mulligan, Helena Bonham-Carter, Meryl Streep.

Londra, 1912. Maud Watts è una giovane operaia in una lavanderia industriale nell'East End. La sua vita scorre fra le pesantezze quotidiane del lavoro, gli abusi del padrone e un'apparente tranquillità di povera quiete domestica, con un marito e un bambino.

Da tempo le donne appartenenti alla Women's Social and Political Union fondata da Emmeline Pankhurst cercavano di ottenere il diritto di voto per le donne, e migliori diritti, ma dopo oltre 50 anni di lotta pacifica niente era stato ottenuto. I politici non avevano mai considerato seriamente le loro richieste, e anzi avevano sempre considerato le suffragette come delle pazze instabili.
Per cui, dopo tanto tempo senza risultati, il movimento decide di passare alle maniere forti: boicottaggi del servizio postale e dei telegrafi, pietre contro esercizi commerciali, esplosioni in luoghi rappresentativi, ma dove si era sicure che non ci sarebbero state vittime.

Nella lavanderia, Maud viene in contatto con questo movimento tramite la collega Violet. All'inizio la causa delle "suffragette" non la tocca particolarmente, ma poi, quasi in modo fortuito, ne viene coinvolta e piano piano finisce per riconoscersi nelle loro giuste istanze. Presto diviene una militante convinta e decisa a vendicare i soprusi subiti in fabbrica e a riscattare una vita che la costringe subalterna agli uomini. Viene arrestata più volte, perde il lavoro e viene buttata fuori di casa dal marito, che le impedisce di vedere il bambino. Anzi, il marito dà in adozione il figlio ad una coppia borghese. Il tutto nella piena legalità del tempo, dato che il marito aveva piena proprietà dei figli e la madre non contava nulla.

Rimasta sola, Maud trova ragione e forza nella lotta politica, riuscendo finalmente con le sue compagne ad attirare l'attenzione del mondo, soprattutto dopo un gesto estremo (o sfortunato incidente) che vede protagonista una di loro, morta durante il Derby al quale partecipava anche re Giorgio V.
Emmeline Pankhurst: We do not want to be lawbreakers, we want to be lawmakers.

Maud Watts: I’m worth no more, no less than you. We will win.

Maud Watts: What are you gonna do? Lock us all up? We’re in every home, we’re half the human race, you can’t stop us all.

If it's right for men to fight for their freedom, then it's right for women to fight for theirs.
Le donne inglesi ottennero finalmente il diritto di voto (almeno per quelle sposate, con più di 30 anni) nel 1918. Nel 1925 si ebbero finalmente i primi riconoscimenti dei diritti delle madri sui loro figli; infine nel 1928 tutte le inglesi poterono finalmente votare, senza più distinzioni di censo ed età.

Nei titoli di coda di "Suffragette" scorrono le date in cui le donne conseguirono il diritto di voto, in vari paesi del mondo: la strada da fare è ancora lunga e non è terminata. In un paese apparentemente civile come la Svizzera le donne ottennero questo diritto soltanto nel 1971, praticamente l'altro ieri... In Arabia Saudita il diritto al voto (amministrativo) è stato concesso soltanto nel 2015, e a determinate condizioni.


Se mi avessero mostrato questo film quando andavo a scuola (perché sì, è un tipico film da mostrare anche agli studenti), l'avrei ritenuto un film storico, un resoconto di ciò che era stato, di vicende che erano state necessarie per arrivare alle conquiste odierne. Ma con un senso di "passato", sicura che ciò che era stato ottenuto era ormai scontato, e non si sarebbe più tornati indietro.

Invece oggi non ho più quella sicurezza, anzi ho spesso il timore che si stia tornando indietro in molti ambiti relativi ai diritti delle persone, tra cui anche quelli delle donne. I nostri diritti non sono stati ottenuti una volta e per sempre, ma sono costantemente da difendere giorno per giorno. Ci sono attacchi che provengono dall'ignoranza, dalla paura, dalla grettezza e dal menefreghismo, da credenze religiose ritenute dogmi e da culture diverse ed estranee che pretendono di imporsi.


P.S. Il film è stato presentato in anteprima in Italia nella serata inaugurale del 33° Torino Film Festival, il 20 novembre 2015, mentre la sua uscita nelle sale è prevista per il 3 marzo 2016.
Nell'immagine sopra ho riportato entrambe le locandine, quella originale e quella riadattata ad uso e consumo italiano: chissà perché l'immagine originale non poteva andare bene per il nostro paese?