sabato 21 giugno 2014

i film di audrey hepburn/4

My Fair Lady (1964)
Nella Londra di inizio Novecento, il professore di fonetica Henry Higgins, un uomo misogino e arrogante, scommette con il colonnello Pickering di riuscire a trasformare l'umile fioraia Eliza Doolittle in una dama dell'alta società, inserendola nei salotti buoni della città. Naturalmente ci riesce, ed Eliza si ritrova anche piena di facoltosi pretendenti. Compreso il professor Higgins.

Il film è una trasposizione su pellicola dell'omonimo musical che era stato messo in scena nella seconda metà degli anni Cinquanta (a sua volta tratto dal Pigmalione di G.B. Shaw), e che ebbe un folgorante successo, tanto da rimanere in cartellone a lungo. Venne girato tutto all'interno dei teatri di posa a Burbank, in California, ma le ambientazioni londinesi di Covent Garden, il mercato, la Royal Opera House e Ascot sono state riprodotte con tale maestria e perfezione da risultare perfettamente verosimili, quasi come se fossero reali.




E' un film musicale, e per questo io non riesco a giudicarlo obiettivamente. Non mi sono mai piaciuti i film musicali, neanche da bambina... e mi riferisco soprattutto a quelli classici, americani degli anni '50 e '60: li ho sempre trovati noiosi, e le parti cantate mi hanno sempre scocciata molto. Mi sembra una forzatura idiota mettersi a cantare invece di adoperare il dialogo normale, e anche mettersi a ballare in un contesto diverso da una sala da ballo, non ha senso! E ancora di più quando c'era un'evidente differenza fra la voce dell'attore e quella del cantante - perché a volte capitava, come nel caso della Hepburn in questo film, che le parti cantate venissero date a cantanti professionisti. Per cui non sono una grande fan dei film musicali dell'epoca d'oro di Hollywood (né visti al cinema né visti in televisione), e devo proprio nutrire una grande curiosità per impormi di guardarne uno.
Apro una parentesi. Paradossalmente da qualche anno ho però scoperto che gli spettacoli di musical visti in teatro invece mi piacciono, e anche molto. Ma in teatro il contesto è del tutto diverso: lì il canto e il ballo ci stanno, e lo spettatore seduto in sala ne viene coinvolto.

Tornando a "My Fair Lady", non sono riuscita ad apprezzarlo per questa mia avversione di fondo verso i film musicali, e poi il doppiaggio non mi ha certo aiutata. Avendo guardato il film in dvd, ho giocherellato costantemente con sottotitoli e tracce audio per ascoltarlo un po' in originale e un po' doppiato in italiano. Ecco, la parte iniziale con l'accento cockney di Audrey Hepburn doppiato come se fosse pugliese è stata orribile, e stava quasi per convincermi ad abbandonare la visione. E' stato irreale associare quella voce, coi suoi continui strilli, alla figuretta di Audrey!
Per tacere poi dell'adattamento in italiano, che in pratica ha riscritto buona parte delle battute e tutte le canzoni. Tanto per fare un esempio, il famoso scioglilingua "La rana in Spagna gracida in campagna" (cioè la prima frase che Eliza riesce a pronunciare correttamente) in originale faceva "The rain in Spain stays mainly in the plain". Inoltre il film è troppo lungo: circa 2 ore e 40 min. sono davvero troppi, considerando la mia avversione per il genere...

lunedì 9 giugno 2014

lizzie siddal

Lucinda Hawksley,
Lizzie Siddal. Il volto dei Preraffaelliti, Odoya


Elizabeth Siddal (1829-1862), poetessa, pittrice e modella, divenne uno dei volti più celebri dell’Inghilterra vittoriana. Ancor oggi, anche coloro che ignorano il suo nome ne riconoscono i delicati lineamenti nella fragile Ofelia di John Everett Millais e nella serafica Beata Beatrix di Dante Gabriel Rossetti, due dei quadri più celebri dell’Ottocento.
La sua immagine tormentata, dalla bellezza sospesa e malinconica, rappresenta universalmente l’incarnazione del movimento preraffaellita, impersonandone perfettamente l’idea di femminilità.

L’attrazione tra Lizzie e Rossetti diede inizio a nove anni di agonia sentimentale, durante i quali la donna aspettò disperatamente che il suo amante la sposasse, mentre Rossetti passava dall’adorazione possessiva al desiderio di nuove relazioni. Al momento del loro matrimonio Lizzie era minata dalla dipendenza da laudano e da una misteriosa malattia. Distrutta dalla gravidanza di una bambina nata morta e dai tradimenti del marito, la Siddal si tolse la vita poco prima di compiere 33 anni.

La toccante ma vivace biografia di Lucinda Hawksley riesce finalmente a sottrarre questa indimenticabile figura di donna dall’ombra di Rossetti, portandola alla luce e all’attenzione che merita. Lizzie Siddal fu infatti anche una poetessa e artista talentuosa. La sua è una storia appassionante e tormentata, facilmente accostabile allo spietato mondo contemporaneo dell’arte, della moda e della bellezza

 
Io ho sempre apprezzato molto i quadri dei Preraffaelliti, e quelli di Rossetti non fanno eccezione. Anzi, sono stati forse i primi che ho conosciuto di questo movimento, e li ho sempre trovati molto affascinanti, soprattutto i ritratti femminili.
Proprio per questo sono in parte un po' pentita di aver letto questa biografia, perché mi ha svelato il lato umano di Rossetti e di Elizabeth Siddal - due individui che nella vita reale avrei molto probabilmente compatito, se non addirittura disprezzato - e mi ha per forza scalfito il "mito" (anche se conoscevo già parte della storia, dissotterramento delle poesie incluso, e la fama di Rossetti)...
Entrambi erano due persone egocentriche, manipolatrici e auto-distruttive, e insieme, la loro spirale non ha fatto altro che avvitarsi verso il basso. Forse in parte prigionieri del loro tempo e delle convenzioni, soprattutto lei in quanto donna.
Encomiabile, però, il lavoro di ricerca della Hawksley, che si è documentata con precisione e ampiezza di ricerche.