mercoledì 21 ottobre 2015

il museo egizio di torino

"La strada per Menfi e Tebe passa da Torino" (Jean-Francois Champollion)

Da generazioni, noi ex-bambini torinesi conosciamo bene il Museo Egizio di Torino, poiché è una delle visite pressoché d'obbligo che vengono fatte nel corso della nostra carriera scolastica. Soprattutto le mummie sono fra i reperti che colpiscono di più la nostra immaginazione. Ma non ci sono soltanto loro. L'estrema familiarità con questo museo a volte ci fa dimenticare che il Museo Egizio di Torino è uno dei più importanti al mondo per la tematica, secondo solo a quello del Cairo.


Al mondo ci sono altri musei famosi che conservano cimeli egizi, ad esempio il British Museum di Londra, il Louvre di Parigi o il Neues Museum di Berlino.
Però quello di Torino è unico e ha una connotazione particolare rispetto ad essi, dato che non solo illustra la storia dell'Antico Egitto e conserva pezzi di particolare interesse artistico e testi funerari e religiosi, ma anche armi, strumenti musicali, utensili, vestiti, resti di cibi, documenti pubblici e privati che raccontano la vita quotidiana dell'Egitto antico, affascinante e misterioso, dal 4000 a.C. al 700 d.C.


Come mai un museo del genere nacque proprio a Torino? Semplicemente perché prese vita, nel 1824, dalla fusione di due ricche collezioni: quella di Bernardino Drovetti e quella dei Savoia.
Il piemontese Drovetti era console generale di Francia in Egitto durante le campagne napoleoniche, e raccolse oltre 5000 pezzi antichi, che riportò a casa creando il primo nucleo della collezione. I Savoia la acquistarono unendola agli oggetti (statue, mummie e tavole) che avevano già acquisito nei decenni precedenti per arricchire il museo di antichità dell'Università torinese.
Si formò così un museo Egizio, primo al mondo di nome e di fatto, che venne collocato nel Palazzo dell'Accademia delle Scienze.


Gli oggetti documentavano soprattutto i periodi del Nuovo Regno e dell'Età Tarda (dalla metà del II al I millennio a.C), periodi più recenti rispetto all'epoca delle grandi piramidi. Questa lacuna venne colmata nei primi decenni del '900, grazie agli scavi archeologici condotti da Ernesto Schiaparelli e Giulio Farina, che fecero arrivare a Torino altri 18.000 oggetti.
Vennero ritrovate tombe a el-Giza, sculture delle prime dinastie, arredi intatti di tombe di ignoti dell'Antico Regno. Si trovarono anche i sarcofagi di Nefertari, moglie di Ramesse II, e la tomba intatta dell'architetto Kha e di sua moglie Merit.

Negli anni Sessanta la collezione crebbe ancora con il Tempio di Ellesjia, che venne donato dal governo egiziano all'Italia nel 1970, come ringraziamento per l'aiuto nel recupero dei templi nubiani minacciati dalla costruzione della diga di Assuan. Il tempio venne trasferito e fedelmente rimontato in un ambiente del Museo.


Secondo me le sale più monumentali del museo sono quelle dello statuario, che raccolgono le grandi statue delle divinità (molte raffigurazioni delle dee Bastet e Sekmet) e dei faraoni (bellissima la grande statua in basalto nero di Ramesse II).
L'allestimento attuale è stato ideato dallo scenografo premio Oscar Dante Ferretti, in occasione delle Olimpiadi invernali del 2006, svoltesi a Torino, il quale ha dato alle sale un'ambientazione buia molto suggestiva, con sapienti giochi di specchi.


Ma dopo le Olimpiadi è stato tutto il Museo Egizio ad essere oggetto di ristrutturazione. I cantieri sono andati avanti dal 2010 al 2015, per settori, senza mai chiudere il museo ai visitatori.

Il 1° aprile 2015 il nuovo Museo Egizio è stato presentato ufficialmente. Gli spazi espositivi sono stati ampliati, occupando anche i piani più alti del palazzo dell'Accademia delle Scienze (precedentemente occupati dalla Galleria Sabauda che è stata spostata), e le collezioni sono state ricollocate in senso cronologico.

Tutto il percorso di visita è stato impostato ex-novo: la biglietteria e il bookshop adesso si trovano al piano ipogeo (-1), insieme al settore dove viene illustrata tutta la storia del museo stesso. Si prende poi una moderna scala mobile - risalendo metaforicamente il fiume Nilo riprodotto su una parete laterale - per raggiungere il secondo piano, da dove ha inizio la visita.
Tutte le bacheche e le vetrine sono state riammodernate  e valorizzate al meglio, come spazi e come illuminazione.
I vecchi biglietti giallognoli con le scritte a macchina (che avevano un loro fascino retrò...) sono stati sostituiti da didascalie più ampie, in italiano e in inglese. Gli oggetti sono stati redistribuiti in modo radicale. Sono ora presenti postazioni multimediali di approfondimento.

Una curiosità: quando percorrete la Galleria dei Sarcofagi, alzate gli occhi verso il soffitto e osservate anche gli affreschi degli animali che fanno capolino dalle lunette in alto. Non hanno attinenza con l'Egitto, ma sono dipinti del vecchio museo di scienze che aveva sede nel palazzo nel '700, e che sono stati riscoperti dai lavori dei cantieri. Belli e delicati.


Il museo si è lanciato in un'intensa attività di promozione e comunicazione rivolta al grande pubblico. Anche Alberto Angela ha dedicato alla riapertura del museo la puntata-documentario "Una notte al museo", andata in onda su RaiUno.
Noi torinesi siamo molto fieri del nostro Museo Egizio, e siamo orgogliosi che venga scoperto ed apprezzato anche da un pubblico molto più ampio.

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