giovedì 10 marzo 2016

la santa degli zingari


C'è una cittadina della Camargue nella quale si respira un'atmosfera decisamente particolare, molto poco francese e invece tanto andalusa.
Si tratta di Saintes-Maries-de-la-Mer, dove ci si imbatte, invece che in lavanda e saponette, in trofei di teste di toro appese nei bar e pittoreschi stivaloni in cuoio esposti sulle bancarelle del mercato.
Il paese prende il nome dalla tradizione secondo cui Maria Jacoba, cugina della Madonna, e Maria Salomé giunsero su un'imbarcazione senza vela né timone (insieme ad altri personaggi illustri in fuga dalla Palestina, fra cui san Lazzaro, la Maria Maddalena, Santa Marta e San Giacomo) su una spiaggia nelle vicinanze.


Le due Marie in questione erano accompagnate dalla loro serva Sara, di pelle scura, e restarono a vivere nei pressi del luogo del loro sbarco. Da qui partì l'evangelizzazione della Gallia. Come potete notare, "Il codice da Vinci" riprende una leggenda ben nota: Dan Brown non ha inventato nulla di originale.

Il villaggio è conosciuto soprattutto per il pellegrinaggio degli zingari (les Gitans), che accorrono ogni anno da tutta Europa in occasione della festa di Santa Sara, la Santa degli zingari, che per l'appunto è la loro patrona.
I festeggiamenti si svolgono il 24 e il 25 maggio: durante il primo giorno la statua di Sara, coperta di gioielli e vestiti colorati, viene trasportata sin sulla spiaggia nel corso di una processione, per benedire le onde che la portarono sin lì. Gli zingari portano a spalle la loro santa e sono accompagnati dai Gardians camarguesi a cavallo. Il giorno successivo una seconda processione è invece dedicata alle due sante Marie, e termina sempre sulla spiaggia.


Le reliquie delle due Marie e di Sara sono conservate nell'Eglise des Saintes Maries, che si individua senza difficoltà perché la sua torre svetta massicciamente sui tetti rossi della cittadina. Anzi, la si vede già da distante, avvicinandosi al paese.
L'edificio è in pietra, in uno stile romanico senza fronzoli, tanto che più che una chiesa sembra quasi una fortezza (e in effetti è probabile che rivestì anche questo ruolo, perché quando venne costruita - intorno al IX secolo - i pirati saraceni imperversavano in queste zone, ed è quindi altamente probabile che la popolazione cercasse riparo nella chiesa durante le incursioni).


Il suo interno è sorprendente: totalmente in pietra, nudo e quasi grezzo, senza decorazioni, quasi una specie di cantina dalla volta altissima, dove forse in diversi punti le pietre avrebbero bisogno di qualche restauro. Quando ci ho messo piede ho immediatamente pensato che sarebbe stato un set perfetto per qualche scena di Pirati dei Caraibi...
Sotto l'altare è ben visibile una piccola scalinata, che porta alla piccola cripta sottostante. La cripta toglie davvero il respiro, in senso letterale: tanto è ampio e freddo l'interno di pietra della chiesa, tanto è ristretto, caldissimo e dalla volta bassa l'ambiente della cripta, pieno zeppo di candele accese e di persone che si recano a rendere omaggio alla santa.
Arrivando da fuori, per un attimo si fa davvero fatica ad abituarsi al caldo, poi tutto sommato si riesce a resistere il tempo di curiosare e fare qualche fotografia. Ciò che sorprende è la statua di Sara, letteralmente imbacuccata sotto strati e strati di vestiti coloratissimi, uno sull'altro, talmente spessi da nascondere la figura della statua stessa.

Noi abbiamo visitato la chiesa al principio di giugno, pochissimi giorni dopo lo svolgersi del pellegrinaggio degli zingari, e quindi nella cripta erano ancora freschi e ben presenti i ricordi della festa. Può darsi che in altri periodi dell'anno la statua sia meno ricca di decorazioni. In giro ci sono moltissimi ex-voto, fotografie e oggetti di chiara impronta gitana, lampade accese e violini appesi.
Risalendo gli scalini che portano alla navata superiore, si ritorna all'aria fresca e respirabile, e per un attimo si viene colpiti da una sensazione di quasi freddo, tanto dev'essere notevole l'escursione termica fra i due ambienti.

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