domenica 24 gennaio 2016

il métro parigino

Clive Lamming, Métro insolite, Parigramme
Libro molto interessante, pieno di curiosità sul métro parigino. Pur da semplice turista, con ormai diversi viaggi a Parigi all'attivo, son riuscita ad apprezzare in pieno il ricco volumetto.
Ci ho ritrovato approfondimenti su aspetti che avevano colpito la mia attenzione (come le stazioni "artistiche", prime fra tutte Louvre e Arts et Métiers), ma anche informazioni storiche e su figure che non sapevo fossero esistite in passato (come ad esempio i punctionnieurs, gli omini o le signorine che ti vidimavano il biglietto prima di farti accedere alla banchina).

Grazie alle numerose fotografie, anche d'epoca, sono riuscita a farmi un'idea di come doveva essere la rete del metrò un secolo fa.
Poi avevo anche una curiosità personale, perché mio nonno aveva vissuto un paio d'anni a Parigi, da giovane, negli anni Venti, e avevo un vago ricordo, di quando ero piccola, di lui che raccontava di aver lavorato come operaio nella costruzione di ponti o simili, in un'attività che era stata ben retribuita anche perché piuttosto pericolosa, da svolgersi in cassoni sott'acqua.
Purtroppo adesso che avrei avuto piacere di approfondire con lui tanti racconti della sua vita, non posso farlo, perché  mio nonno non c'è più da tempo... Ma nel libro penso di aver individuato la linea ai cui lavori può aver partecipato anche lui, perché anche se i tunnel di collegamento del metrò fra la rive gauche e la rive droite erano stati già quasi tutti realizzati nei primi due decenni del Novecento, nella seconda metà degli anni Venti ne hanno costruito ancora uno, e credo proprio che sia quello a cui mio nonno ha lavorato, poiché gli scarsi ricordi che ho dei suoi racconti combaciano con quanto ho letto.

Sono rimasta davvero sorpresa nel constatare quanto (poco) tempo abbiano impiegato, fra 1898 e 1900, a costruire la prima linea e le varie diramazioni del metrò, che già da subito avevano progettato. Naturalmente i parigini di inizio secolo non disponevano delle "talpe" meccaniche odierne (usate per la realizzazione dei tunnel), ma facevano ancora largo uso di "braccia".

Mi viene da piangere quando penso ai progressi da lumaca dell'unica linea di metro della mia città, Torino. Da 10 anni che è attiva siamo sempre fermi ai soliti 13 km, e tutta la fuffa giornalistica che parla di prosecuzioni della linea, da entrambi i lati, oppure della progettazione della fantomatica linea numero 2, mi sembrano sempre fantascienza.

 In 15-20 anni i parigini di inizio secolo scorso si erano costruiti praticamente tutto il reseau cittadino (certo non quello attuale con oltre 200 km di tracciati, ma vedendo le vecchie mappe e andando a spanne direi almeno un buon 50% di quello che poi sarebbe diventato).
Perché qui nella Torino post 2000 sembra impossibile quello che facevano addirittura all'epoca dei nostri bisnonni? E che altrove fanno tranquillamente - ad esempio ogni volta che vado a Milano noto che hanno cambiato il nome dei capolinea, perché nel frattempo hanno esteso il tracciato di una o due stazioni. Perché qui a Torino non si può o non si riesce a fare? Suppongo che l'amministrazione comunale abbia le sue buone colpe.

Rete del métro di Parigi nel 1918, dopo appena vent'anni dall'inizio dei lavori

1 commento:

  1. Ho sentito raccontare tempo fa anche la storia della metropolitana di Mosca, e ne deduco che certe "grandi opere" fossero più semplici da realizzare quando si intersecavano classi dirigenti con una "visione" temporale ed urbanistica più ampia di quella odierna e popolazioni con meno voce in capitolo...Torino è bellissima ed io la amo, ma non ne sopporto l'immobilismo e la lamentosità. Ogni tanto mi stupisco di come, in questa città, sia potuta sorgere la Mole (oggi ci sarebbe senza dubbio un comitato NoMole). E invece la si usa, per dire, per porla come limite conservativo rispetto, ad esempio, ai grattacieli...Se uno vede la zona di Milano di Via Melchiorre Gioia, e quella meraviglia che è il Bosco Verticale di Stefano Boeri, vorrebbe che questo bellissimo museo barocco che è la nostra città trovasse un po' più di coraggio...

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