lunedì 11 febbraio 2013

eredità

È il novembre del 1918, e il mondo di Rosa Tiefenthaler Rizzolli è andato in frantumi. L’Impero austroungarico in cui è nata e vissuta non esiste più: con poche righe su un Trattato di pace la sua terra, il Sudtirolo, è passata all’Italia. "Il nostro cuore e la nostra mente rimarranno tedeschi in eterno", scrive Rosa sul suo diario. Colta e libera per il suo tempo, lo tiene da quasi vent’anni, dal giorno del suo matrimonio con l’amato Jakob. Mai avrebbe pensato di riversare nelle sue pagine una così brutale lacerazione. Ne seguiranno molte altre. In pochi anni l’avvento del fascismo cambia il suo destino. Cominciano le persecuzioni per lei e per la sua famiglia, colpevoli di voler difendere la loro lingua e la loro identità: saranno arrestati, incarcerati, mandati al confino. E Rosa assiste impotente al naufragio di tutte le sue certezze. Intorno a lei, troppi si lasciano sedurre da un sogno pericoloso che si sta affacciando sulla scena europea: quello della Germania nazista. Non potrà impedire che Hella, la figlia minore, sia presa nel vortice dell’ideologia fatale di Hitler. E presto dovrà affrontare la scelta impossibile tra l’oppressione e l’esilio. Nata austriaca, vissuta sotto l’Italia, morta all’ombra del Reich, Rosa è il simbolo dei tormenti di una terra di confine.
Su quella frontiera è cresciuta Lilli Gruber, sua bisnipote, che oggi attinge alle parole del suo diario. E racconta una pagina di storia personale e collettiva in questo libro appassionato, teso sul filo del ricordo, illuminato da una felice vena narrativa.

Questo è un libro che è servito a farmi vedere con occhi diversi la situazione degli abitanti dell'Alto Adige (o, come direbbero loro stessi, Sud Tirolo). Purtroppo io non ho una conoscenza diretta né dei luoghi né delle persone. Per me - come suppongo per la maggior parte degli italiani - gli altoatesini erano degli italiani che godono di molte agevolazioni grazie allo statuto speciale della loro provincia e della loro regione, e che parlano l'italiano con un forte accento tedesco (si sente lontano un miglio che per loro è una seconda lingua): italiani un po' sui generis, insomma, nonostante le agevolazioni economiche che lo stato italiano riserva loro... e questo è uno degli aspetti che esternamente, non conoscendo nel merito la questione, risaltano di più - ci si chiede "perché loro sì, e tutti gli altri no?" Non sono certo gli unici a vivere in un territorio di frontiera, a cavallo fra due lingue e due culture... penso ad esempio alla cultura occitana e a quella francoprovenzale, nella quale affondano alcune delle mie, di radici, e che conosco un po' meglio: per loro le tutele - nate solo negli ultimi anni - si fermano al patrimonio linguistico, certo non coinvolgono aspetti fiscali ed economici come in Trentino.

L'argomento è spinoso e molto difficile. Lo è conoscendolo, e ancor di più se lo si è a malapena intravisto. Questo libro comunque rappresenta una buona introduzione storica, e ci racconta la fine della prima guerra mondiale, vista da chi viveva nella zona dell'Alto Adige e si sentiva a tutti gli effetti tedesco, sino ad arrivare alla forzata italianizzazione nel dopoguerra, sotto un regime fascista sempre più invadente.
La Gruber fonde la narrazione della Storia con la s maiuscola con quella della sua famiglia, soprattutto tramite i diari della sua bisnonna Rosa. Alcune situazioni vengono ricostruite e romanzate, per forza di cose, ma appaiono reali e plausibili.

L'unico appunto che ti muovo, cara Lilli, è perché non hai aggiunto due striminzite paginette di epilogo nel quale ci raccontavi cosa è successo al tuo bisnonno e alle sorelle Rizzolli dopo la morte di Rosa? Soprattutto a Hella, di cui ci hai particolarmente raccontato, e di cui hai sempre lasciato intendere che fosse morta giovane. Nei ringraziamenti nomini un suo figlio. Ecco, noi lettori ci aspettavamo di saperne qualcosa in più, fossero anche state soltanto poche righe; ci hai lasciato con una "eredità incompiuta"...

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