mercoledì 8 dicembre 2010

letture serie

Mario Calabresi, Spingendo la notte più in là
La foto sulla copertina ritrae una scena felice: una donna sorridente seduta insieme a tre bambini in un prato di montagna. Sembra una scena familiare, anch'io possiedo fotografie simili a questa fra le vecchie foto di famiglia, eppure in questa c'è qualcosa di diverso, poiché questa è la famiglia Calabresi. Il bambino con la maglietta gialla si chiama Mario.

Mario Calabresi è il direttore del quotidiano La Stampa, ma è anche il figlio del commissario Luigi Calabresi, ucciso nel maggio 1972.
In questo libriccino dà voce alle famiglie dei caduti del terrorismo, mogli e figli troppo spesso poco considerati dalle istituzioni e dalla società, che sembrano sempre meglio disposti nei confronti dei carnefici che non delle vittime, soprattutto nel lungo termine. Molto più efficaci di qualsiasi parola di commento che potrei scrivere io, penso che siano significativi alcuni estratti che mi limito a riportare qui sotto:

"I brigatisti si portano dietro un'aura di persone impegnate, di combattenti, invece erano dei poveretti che facevano la lotta armata per riscattare delle vite senza prospettive, gente povera di idee e di spirito. [...]
I terroristi non sono stati sconfessati come assassini ma troppo spesso descritti come dei perdenti, persone che hanno fatto una battaglia ideale ma non sono riusciti a vincere. In questo modo però sono loro a diventare dei modelli. E le inchieste dimostrano [...] che ci sono ancora messaggi capaci di passare alle nuove generazioni..."

"Nulla [...] può essere preteso. Ci sono però sensibilità, attenzioni, gesti che possono aiutare a ridurre i dolori, ad accettarli. Non bisogna dimenticare che la maggior parte delle persone uccise negli Anni di piombo lavorava per lo Stato e ha pagato con la vita per questo. Invece il Paese sembra attraversato da un analfabetismo di sensibilità."

"La disparità di trattamento tra chi uccise e chi venne ucciso è irreparabile, continua negli anni aggravata dal fatto che chi allora uccise scrive memorie, viene intervistato dalla tivù, partecipa a qualche film, occupa posti di responsabilità, mentre alla vedova di un appuntato nessuno va a chiedere come vive da allora senza marito, se ci sono figli che hanno avuto un'infanzia da orfani, se il tempo trascorso ha chiuso le ferite, il rimpianto, il dolore.
Uccisi perché? Per il sogno di un gruppo di esaltati che giocavano a fare la rivoluzione, si illudevano di essere spiriti eletti, anime belle votate a una nobile utopia senza rendersi conto che i veri 'figli del popolo', come li chiamava Pasolini, stavano dall'altra parte, erano i bersagli della loro stupida follia."

"La strage di piazza Fontana [...] sarebbe ora di consegnarla alla storia, insieme a tutta la stagione di sangue che nacque quel pomeriggio. Di voltare pagina, di parlare di quegli anni con più serenità, di capire cosa è successo e perché. Ma non sembra ancora possibile, in quanto troppe verità mancano, troppe responsabilità non sono state accertate, molti attendono ancora giustizia e il dibattito resta inquinato dalle convenienze e dalle autodifese, anche quelle generazionali. [...]
Penso che voltare pagina si possa e si debba fare, ma la prima cosa da ricordare è che ogni pagina ha due facciate e non ci si può preoccupare di leggerne una sola, quella dei terroristi o degli stragisti, bisogna preoccuparsi innanzitutto dell'altra: farsi carico delle vittime.
Chi ancora viaggia per l'Italia a chiedere perché e da chi venne uccisa la donna che amava, come Manlio Milani, sopravissuto alla strage di piazza della Loggia a Brescia, può accettare di voltare pagina?
Chi attende ancora i risarcimenti dallo Stato.
Chi aspetta che gli vengano pagate le cure per le ferite che si porta addosso da decenni.
Chi ha la sensazione che gli si nascondano i particolari di quel giorno, che si coprano responsabilità e connivenze.
Chi vede gli assassini di un padre, un fratello, un figlio, una moglie o un marito parlare nelle università, in televisione, ai convegni.
Da chi si sente dimenticato, messo da parte, perdente, come si può pretendere serenità di giudizio? Come si può chiedere il coraggio della clemenza?"

"Pagata la pena si è liberi, ma non sono finite le responsabilità."

"La reclusione dei condannati non ci ha mai restituito nulla, non è mai stata di consolazione. Contano di più le sentenze, l'impegno dello Stato a cercare la verità, a dare giustizia."


Corrado Augias, I segreti del Vaticano
Il termine "Vaticano" evoca immediatamente l'immagine dell'immensa piazza antistante la basilica di San Pietro e il monumentale colonnato che l'abbraccia. Tra i fedeli cattolici evoca anche la finestra da cui il papa benedice la folla festante. Ma il Vaticano è molto di più. Stato di diritto tra i più piccoli al mondo, minuscola città dentro la vasta città di Roma, di cui ha condiviso le vicissitudini e di cui costituisce "l'altra faccia", ha una lunghissima storia, ricca di chiaroscuri e di personaggi più o meno limpidi. E insieme a incredibili tesori artistici, custodisce nei suoi palazzi molti segreti legati a vicende antiche, recenti e contemporanee.

Dopo aver raccontato i segreti di Parigi, New York, Londra e Roma, Corrado Augias rivolge ora la sua attenzione a quelli, quasi impenetrabili e gelosamente serbati, della Santa Sede. Anche qui le pietre parlano, ma più rivelatrici ancora sono le storie di coloro che, nel corso dei secoli, hanno abitato questi palazzi.
Si inizia con Nerone e i primi cristiani sullo sfondo della Roma imperiale per passare poi a Costantino: la sua famosa e apocrifa donazione al papa ha per secoli rappresentato l'atto di nascita del potere temporale della Chiesa. La galleria dei personaggi è ricchissima. Oltre a templari, gesuiti, inquisitori e membri della potente Opus Dei, ci sono, naturalmente, i papi, dall'umile Celestino V all'arrogante Bonifacio VIII, dal discusso Pio XII al mite ma rivoluzionario Giovanni Paolo I.
E con loro gli artisti, ingaggiati per testimoniare, più che la gloria del Creatore, quella del committente: da Bernini e Borromini, rivali e diversi in tutto, a Michelangelo. Non mancano figure più pittoresche: Marozia, concubina papale forse all'origine della leggenda medievale della papessa, l'irrequieta e anticonformista regina Cristina, luterana, che lascia il trono di Svezia per trasferirsi a Roma.
Fra le storie più recenti, Augias ricostruisce quella delle morti del colonnello delle guardie svizzere, di sua moglie e di un vicecaporale nel 1998, quella della misteriosa scomparsa di Emanuela Orlandi e lo scandalo dello IOR.

Un tratto sembra legare, agli occhi dell'autore, tutte queste vicende, le più antiche e le più recenti: la commistione fra cielo e terra, fra spiritualità e potere temporale, e il prezzo altissimo che la Chiesa cattolica, unica religione fattasi Stato, ha pagato e paga nel tentativo di conciliare due realtà difficilmente compatibili.

Nell'appendice al libro Augias puntualizza alcune distinzioni che spesso non sono così chiare.
Lo stato della Città del Vaticano è un'entità sovrana titolare di soggettività internazionale, uno Stato indipendente: ha un territorio, può battere moneta, emanare leggi, ha una bandiera, un inno, una lingua eccetera.
La Santa Sede invece è un'entità diversa, una persona morale di diritto pubblico che esercita la sovranità sul Vaticano attraverso la figura del Pontefice, in pratica la si può vedere come se fosse una monarchia elettiva non ereditaria.
E poi c'è la Chiesa cattolica, vale a dire che la confessione cristiana che si riconosce nell'autorità papale e nel suo insegnamento, e di cui fanno parte tutti i cristiani battezzati.
Spesso si tende a fare confusione fra queste tre entità, e l'errore è facilitato dall'ambiguità stessa della Chiesa, che mescola dottrina e affari terreni, spiritualità e politica.

Marta Boneschi, Di testa loro
In epoca di veline, escort e ministre da calendario, leggere di donne italiane che, nel corso del Novecento, hanno raggiunto obiettivi importanti deviando da quello che era il destino "convenzionale" di una donna, è un po' come una boccata di aria fresca. La Boneschi ha scritto diversi libri di storia del costume italiano degli anni '50 e '60, con approfondimenti soprattutto sulla condizione femminile.

In questo libro riporta le storie di 10 donne che, ciascuna a modo proprio, grazie alla propria forza d'animo e alla propria ribellione alle regole della tradizione, è riuscita a ottenere dei grandi risultati.
Maria Montessori e Rita Levi Montalcini lottano ostinate per iscriversi alla facoltà di medicina, e ottengono grandi riconoscimenti soprattutto all'estero. Angela Merlin e Teresa Noce si oppongono strenuamente al fascismo e nel dopoguerra lottano per ottenere leggi che riconoscano i diritti delle donne. Franca Valeri, Alida Valli e Lucia Bosè si fanno strada con determinazione nel mondo dello spettacolo. Luisa Spagnoli, in un mondo di imprenditori tutti uomini, crea con il Bacio Perugina un cioccolatino immortale. Armida Barelli con energia battagliera organizza migliaia di giovani cattoliche. Franca Viola rifiuta di sposare il suo stupratore e lo porta in tribunale.

Ammetto che fra i 10 nomi scelti dall'autrice, secondo me le storie delle donne di spettacolo avrebbero forse potuto lasciar spazio alle biografie di altre donne, attive nella politica o nell'imprenditoria (ad esempio le storie di Bianca Guidetti Serra e Marisa Bellisario mi sarebbero interessate di più - tanto per fare due nomi tra centinaia possibili...) Una donna che diventa famosa come attrice o cantante è molto più comune di una che raggiunge posti di rilievo nella politica o nell'economia.
E' stata una piacevole scoperta, ad esempio, leggere la storia di Angela Merlin, che ormai nello stereotipo comune viene vista come la vecchia zitella moralista che fece chiudere i bordelli. In realtà la Merlin - che non era zitella bensì vedova - era una socialista di lungo corso che durante il fascismo visse anni in confino, fece parte del CNL e dell'Assemblea Costituente. Fu grazie a lei se nell'articolo 3 della Costituzione ("Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali") venne inserita esplicitamente la specificazione "di sesso".
La lotta contro le case chiuse prendeva l'avvio dalle richieste dell'ONU di cancellare questa forma di schiavitù, e dalla palese discriminazione delle prostitute, che all'epoca erano schedate e praticamente recluse, trattate come delle vere e proprie schiave prive degli elementari diritti civili di persone. L'intento della Merlin non era quello di abolire la prostituzione - consapevole che si sarebbe trattato di un obiettivo utopico - ma solo di abolire la schiavitù di alcune donne.

Altra storia, umana e politica, molto particolare, è quella di Teresa Noce, "brutta, povera e comunista", alla quale però le donne italiane possono dire grazie per le leggi che tutelano la maternità delle lavoratrici.

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